Mentre il vecchio art. 117 della Costituzione non lasciava dubbi che il diritto del lavoro fosse di esclusiva competenza dello Stato, il nuovo testo, come modificato dalla riforma <<federalista>> approvata con la l. cost. n. 3 del 2001, ha creato una situazione di incertezza circa la ripartizione delle competenze normative nella materia del diritto del lavoro. È stata infatti introdotta la distinzione fra tre categorie di materie:

  • materie di competenza statale esclusiva (art. 117 co. 2).
  • materie di potestà legislativa concorrente fra Stato e Regioni (art. 117 co. 3), con competenza statuale in ordine alla delineazione di principi e normativa di attuazione lasciata alle Regioni.
  • materie di competenza regionale esclusiva (art. 117 co. 4), che sono tutte quelle non ricomprese nelle due categorie precedenti.

In ciascuna delle declaratorie corrispondenti alle tre categorie sono rinvenibili espressioni che fanno riferimento, in qualche modo, a materie o istituti lavoristici, tuttavia, tali espressioni si prestano a incerte interpretazioni:

  • art. 117 co. 2 lettera l): spetta alla competenza esclusiva dello Stato la normativa in tema di <<ordinamento civile>>. Dato che il diritto del lavoro fa parte del diritto civile, se ne può dedurre che la competenza esclusiva in tema di diritto del lavoro spetti allo Stato.
  • art. 117 co. 2 lettera m): spetta alla competenza esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, tra i quali possono rientrare anche i diritti nei confronti dei soggetti pubblici e privati che si legano alla condizione di lavoratore.
  • art. 117 co. 3: la materia della <<tutela e sicurezza del lavoro>> è regionalizzata, fatta salva la determinazione statuale dei principi fondamentali.

A tale espressione possono essere date diverse interpretazioni:

  • il diritto del lavoro passa in blocco alla competenza esclusiva regionale, dal momento che tale materia è tutta rivolta alla <<tutela>> dei lavoratori.
  • viene demandata alle Regioni soltanto la disciplina della tutela (letta in stretto rapporto alla sicurezza) della salute e della sicurezza dei lavoratori.
  • (prevalente) vengono demandate alle Regioni soltanto le competenze inerenti alla regolazione del mercato del lavoro (es. collocamento, formazione professionale).

 La possibilità di una <<regionalizzazione>> integrale del diritto del lavoro aveva suscitato molta preoccupazione, dal momento che essa avrebbe portato ad una completa destrutturazione del regime normativo e ad una concorrenza competitiva, verso il basso, fra le Regioni.

Detto questo, comunque, la lettura che si era prevalentemente delineata nella dottrina escludeva, ed esclude anche attualmente, un decentramento <<forte>>, a partire dalla riconduzione del lavoro alla nozione di <<ordinamento civile>>, e da una lettura riduttiva dell’espressione <<tutela e sicurezza del lavoro>>. Tali letture, inoltre, hanno ricevuto l’autorevole avallo della Corte costituzionale, che ha accolto entrambe le tesi con la sentenza n. 50 del 2005.

 In conclusione, quindi, si avrà un maggiore decentramento normativo, se e nella misura in cui saranno attribuite alle Regioni competenze relative alla regolazione del mercato del lavoro, e fatta salva l’indicazione dei principi fondamentali tramite legge statale.

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