Stephanus Junius Brutus nel 1579 scrive che siccome il popolo elegge e istituisce il re è superiore al re ed è solo il pilota di una nave che appartiene al popolo. Il popolo a sua volta non è una generica e disordinata accolita di uomini ma un complesso di ceti, città, ordini e province rappresentati dagli stati generali. Il popolo, dunque, comincia ad acquisire consapevolezza della sua identità e della sua autonomia rispetto al re che, non a caso, è chiamato a giurare per primo la fedeltà al popolo impegnandosi ad obbedirgli. Ne consegue che ai singoli individui è vietato resistere al re ma ciò non è vietato al popolo nel suo complesso. La resistenza, dunque, non deve essere disordinata ma operata da tutto il popolo che così diventa l’incarnazione della costituzione mista medievale. Nello stesso senso si muove Althusius che in un opera del 1603 ripete le medesime osservazioni di Brutus aggiungendo, tuttavia, che esiste un patto precedente, composto di molteplici accordi tra le componenti del popolo, definito universalis consociatio che precede il patto tra quest’ultimo e il re. Questo patto per l’autore è la costituzione, la legge fondamentale del la comunità politica che deve essere difesa e che, come si è visto in precedenza, esprime le consuetudini affermate nella comunità stessa e ne fonda l’unità. La costituzione medievale, dunque, è mista perché nasce dall’accordo, dalla mediazione delle istanze dei vari gruppi che compongono la comunità politica e non discende dall’alto.

Come si è visto in precedenza il concetto di costituzione mista in Inghilterra era stato introdotto da Bracton e fu poi ripreso da Fortescue secondo cui la costituzione inglese esprime il dominium politicum et regale cioè associa il principio monarchico della unicità del governo a quello della supremazia della comunità politica. Anche Smith segue questa linea ed indica nel Parlamento il luogo dove risiede il potere del regno d’Inghilterra, dove si incontrano tutte le realtà che compongono il regno.

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