Problemi si sono avuti con riguardo alla determinazione degli atti impugnabili.

L’ART 134 dispone che  “la corte costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi ed atti aventi forza di legge”.

Il termine legge non ha creato problemi perché si è subito pensato che  si riferisse alle leggi in senso tecnico ( gli atti aventi il nomen iuris) , piuttosto si è inizialmente dubitato se potessero rientrarvi anche le leggi del passato ordinamento che, una volta dimostratesi in contrasto con la nuova costituzione avrebbero potuto ( 1° caso ) o dovuto ( 2° caso ) considerarsi abrogate dalla costituzione stessa.

Nel 1° caso si segue la via che qualifica le leggi precostituzionali come affette da illegittimità sopravvenuta ( mutamento del parametro) e che richiede la competenza della corte a pronunziare l’invalidità delle leggi che , quindi , perderebbero efficacia a seguito dell’annullamento in seguito a giudizio di costituzionalità.

Nel 2° caso si parla di abrogazione automatica senza l’intervento della corte, quindi essere sarebbero immediatamente disapplicate dagli operatori giuridici in genere.

La questione si è riproposta recentemente con la riforma del titolo V. Da un lato la corte ha considerato alcune leggi anteriori alla riforma come abrogate o non + applicabili in seguito all’abrogazione delle disposizioni a cui erano collegate; dall’altro, la corte, ha distinto tra ricorsi presentati dalle regioni prima della riforma e risolte prendendo a parametro il vecchio quadro costituzionale e tra i ricorsi sopraggiunti dopo la riforma.

Sempre parlando della parola “leggi” A prima vista potrebbe sembrare che siano sottratte al sindacato della corte le leggi costituzionali e di revisione costituzionale. Ma non è così sia dal punto di vista formale dovendo il legislatore costituzionale seguire il procedimento prescritto dall’art. 138 Cost. sia dal punto di vista materiale, dovendo essere rispettati i limiti posti dall’art 139.

Con il termine invece “atti con forza di legge” cosa si intende?

            Noi sappiamo che le fonti primarie costituiscono un numerus clausus, essendo direttamente ed esclusivamente fondate in costituzione e perciò dotate di “valore di legge” quale attributo consistente nella loro esclusiva assoggettabilità al sindacato della corte.

Questa ricostruzione teorica fa fatica a resistere oggi, in presenza di fonti ( es gli statuti ) che da un lato prendono il posto della legge, dall’altro sono tenute ad osservarne i principi à sembra quindi che il rapporto tra tali fonti e la legge sia misto ( sia gerarchico che di separazione).

La scelta che la corte fa è di individuare gli atti impugnabili in base a criteri formali.

Così , non sono impugnabili i regolamenti governativi per il loro essere regolamenti ( qualunque sia la loro capacità innovativa ) ma possono acquistare indiretto rilievo nei giudizi sulle leggi quali fonti idonee alla interpretazione delle leggi stesse ( in tal caso la corte si pronuncia su un diritto vivente ) e possono costituire oggetto di pronunzie della corte emesse in sede di conflitti di attribuzione.

Stessa cosa vale per i contratti collettivi di lavoro dei pubblici impiegati.

Sono invece impugnabili ( tra le fonti governative ) decreti legislativi, norme di attuazione degli statuti e decreti legge .

Per questi ultimi ( decreti legge ) erano sorti dubbi per la breve durata della loro vigenza ( 60 gg per la conversione in legge o per la decadenza ). Tuttavia hanno costituito oggetto di giudizio. Non si dimentichi infatti che in passato il giudizio di costituzionalità poteva spostarsi dal decreto impugnato ad altro decreto che lo riproduceva ( prassi che la corte però ha dichiarato incostituzionale ) o ancora dal decreto alla legge di conversione ( a condizione che non abbia elementi sostanzialmente innovativi rispetto al decreto stesso ).

Le norme di auto-organizzazione degli organi costituzionali ( regolamenti camerali, interna corporis etc ) non sono sindacabili per l’autonomia costituzionalmente garantita a tali organi. PER giustificare la loro insindacabilità ( in particolar modo a riguardo dei regolamenti camerali) la corte ha fatto leva su :

a)     mancata menzione dei regolamenti parlamentari nell’art 134

b)     esigenza di salvaguardare l’indipendenza delle camere nei confronti di ogni altro potere, quale espressione diretta della sovranità popolare, ma possono essere assunti ad oggetto di decisione in sede di conflitti d’attribuzione tra poteri ed enti.

Il referendum abrogativo, in quanto annoverato tra le fonti di 1°, può essere fatto rientrare tra gli atti impugnabili.

Lascia un commento