Dagli indirizzi giurisprudenziali scaturisce una doppia linea:

  • una tendenza all’accentuazione della sfera di autonomia regionale (es. consolidamento dell’autonomia finanziaria, potenziamento dei rapporti tra Regioni e CEE);
  • una tendenza all’accentuazione dei limiti opposti dallo Stato mediante il richiamo all’interesse nazionale o mediante la funzione di indirizzo e coordinamento.

Occorre chiedersi come possano convivere tali tendenze opposte e se esista nella giurisprudenza della Corte un modello compiuto di Stato regionale. La risposta è negativa, dal momento che i criteri di lettura del Titolo V non predispongono un modello chiaro.

Tali tendenze sono derivate dall’opera di arbitrato della Corte, la quale è stata regionalista quando i bilanciamenti istituzionali si spostavano troppo a favor dello Stato e centralista quando le spinte autonomiste risultavano eccessive. Dalle pronunce della Corte si possono desumere altri aspetti:

  • con riferimento al rapporto tra Stato e Regioni, si prospetta un modello di regionalismo cooperativo (leale collaborazione tra Stato e Regioni);
  • con riferimento al rapporto tra Regioni e Enti locali, il sistema costituzionale vede nella Regione il perno intorno a cui è destinato a ruotare il sistema degli enti locali.

Il risultato complessivo di tale impostazione conduce a valorizzare un modello dove i diversi soggetti di autonomia coordinano i propri interventi a livelli diversi: a livello superiore Stato e Regioni cooperano in un intreccio di competenze, ispirandosi al bilanciamento tra interesse nazionale e regionale e alla leale cooperazione, mentre a livello inferiore le Regioni operano come centro di coordinamento delle autonomie infraregionali, chiamate a realizzare la maggior parte dei compiti amministrativi.

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