La riduzione nominale non comporta alcun rimborso ai soci, ma costituisce la presa d’atto le perdite hanno non solo prosciugato le eventuali riserve esposte in bilancio, ma hanno ridotto il patrimonio ad un valore inferiore al capitale. Da questo momento la società si trova ad esporre una cifra capitale che nella realtà non è più tale. In questi casi la riduzione si traduce in una mera operazione contabile, e quindi i creditori, non potendo considerarsi danneggiati perché nessun elemento esce dal patrimonio della società, non possono contrastarla.

Tale riduzione non è soggetta a limiti di sorta, ma anzi, al contrario, può diventare obbligatoria per evitare che si possa essere indotta dall’entità del capitale sociale a fare una credito che la società.

 Di fronte alla situazione descritta, l’art. 2446 prospetta una sorta di escalation di provvedimenti, a partire dal momento in cui risulta che il capitale è diminuito di oltre 1/3 in conseguenza di perdite (co. 1). In tale situazione:

  • gli amministratori o il consiglio di gestione e, nel caso di loro inerzia, il collegio sindacale o il consiglio di sorveglianza, devono senza indugio convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti , redigendo una relazione sulla situazione patrimoniale da mettere a disposizione dei soci in copia presso la sede sociale.

In assemblea gli amministratori devono dar conto anche dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione.

  • l’assemblea in questione viene convocata, come detto, per gli opportuni provvedimenti (es. sostituzione degli amministratori, messa in liquidazione della società), ma si può anche decidere di attendere, specie se concrete circostanze suggeriscono che le perdite siano riassorbibili.
  • tenendo conto di quest’ultima scelta, la norma prescrive che, se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di 1/3, l’assemblea ordinaria e il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. Si tratta evidentemente di adeguare la cifra del capitale sociale a quelle che è l’attuale realtà patrimoniale della società.

 La riduzione si attua in due modi:

  • annullando di un certo numero di azioni.
  • riducendo proporzionalmente il valore nominale delle azione.

Qualora l’assemblea o il consiglio di sorveglianza non vi provvedono, gli amministratori ed i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono chiedere che vi provveda il tribunale, sentito il pubblico ministero, con decreto soggetto a reclamo, da iscrivere nel registro delle imprese a cura degli amministratori (co. 2).

Se le azioni sono prive dell’indicazione del valore nominale la norma consente che lo statuto, una sua modificazione o anche una deliberazione adottata con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria prevedano che la riduzione sia deliberata dal consiglio di amministrazione (co. 3).

 Occorre sottolineare due ipotesi particolari:

  • se la perdita di oltre 1/3 ha ridotto il capitale al di sotto del minimo legale, l’art. 2447 stabilisce che gli amministratori o il consiglio di gestione devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società. La regola indicata, quindi, è che prima si ripulisca il capitale della perdita, riducendolo, e che poi lo si aumenti con nuovi versamenti.
  • se la perdita ha assorbito l’intero capitale, si tratta non di ridurre ma di azzerare il capitale stesso e di ricostruirlo poi ex novo. Anche in questo caso i soci fruiscono del diritto di opzione, ma la manovra comporta la sostanziale estromissione dalla società di quegli azionisti che non vogliano o non possano sottoscrivere il nuovo capitale.

 Altri casi di riduzione obbligatoria

Le legge conosce altri casi in cui la riduzione è obbligatoria, rendendosi necessaria al fine di rettificare il capitale sociale nominale e portarlo a livello del capitale sociale effettivo:

  • la riduzione conseguente all’accertamento del minor valore dei beni conferititi in natura ai sensi dell’art. 2343 co. 4.
  • la riduzione conseguente all’annullamento delle azioni dell’azionista moroso ai sensi dell’art. 2344 co. 3.
  • la riduzione conseguente all’annullamento di azioni proprie illegittimamente acquistate.

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