Quando l’affare si sia realizzato, sia divenuto impossibile o si sia realizzata un’altra ipotesi prevista (art. 2447 novies co. 4), deve essere redatto il rendiconto finale, da depositare presso il registro delle imprese, corredato da una relazione dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione contabile (art. 2447 novies co. 1).
L’aspetto delicato è rappresentato dall’eventualità che non siano state integralmente soddisfatte le obbligazioni contratte per lo specifico affare. Al riguardo, l’art. 2447 novies co. 2 dispone che i creditori insoddisfatti possono chiedere la liquidazione del patrimonio mediante lettera raccomandata da inviare alla società entro novanta giorni dal deposito del rendiconto finale. In tal caso, si applicano esclusivamente le disposizioni sulla liquidazione in quanto compatibili. Se i creditori tralasciano questo termine, tuttavia, non è pensabile che il diritto di reclamare il loro credito decada, perché altrimenti al posto del possono troveremmo un debbono. L’art. 2447 co. 3, infatti, dispone che sono comunque salvi, con riferimento ai beni e rapporti compresi nel patrimonio destinato, i diritti dei creditori previsti dall’art. 2447 quinquies.
Se poi non residuasse nulla, nulla spetterebbe ai creditori. La norma, infatti, non ipotizza un autonomo fallimento del patrimonio destinato, e questo perché la sua autonomia non attinge ad una autonoma soggettività. La cosa è confermata da quanto dispone la legge fallimentare:
- l’art. 155 prevede la sottoposizione di questo patrimonio ad una gestione separata demandata al curatore, il quale deve provvedere alla sua cessione ai terzi secondo le norme dettate per l’alienazione dei beni fallimentari. Se poi tale cessione non sia possibile, egli deve provvedere alla liquidazione del patrimonio secondo le regole della liquidazione della società.
- l’art. 156, disciplinando l’ipotesi dell’incapienza del patrimonio, ripete che il curatore deve provvedere alla sua liquidazione.
Poiché evidentemente la separatezza permane, la norma sancisce che i creditori del patrimonio separato possono chiedere di essere ammessi al passivo del fallimento della società soltanto nei casi di responsabilità sussidiaria o illimitata , e, con riferimento all’eventualità che siano state violate le regole di separatezza fra i patrimoni, si limita a configurare l’esercizio di responsabilità nei confronti degli amministratori e degli organi di controllo della società.