Nelle società di persone l’organizzazione della società non è rigidamente determinata ma lasciata sostanzialmente alla libera determinazione dei soci. Infatti in queste società non esistono organi ma è semplicemente prevista la contrapposizione tra amministratori e soci dove i primi possono compiere tutti gli atti necessari per il raggiungimento dello scopo sociale e i secondi possono, con il consenso di tutti, modificare l’atto costitutivo. Nelle società di persone non sono previste le formalità richieste per la validità della costituzione e deliberazione dell’assemblea nelle società di capitali.
Inoltre anche quando la legge parla di deliberazione dei soci per le quali è richiesto il consenso di tutti i soci (es. modificazione dell’atto costitutivo) non fa riferimento ad una manifestazione di volontà da parte di un organo collegiale ma ad una pluralità di soci ed alla somma delle volontà da questi manifestati. Ovviamente può accadere che l’atto costitutivo possa prevedere che il consenso dei soci sia dato in una assemblea nella quale si debbano seguire determinate modalità per la convocazione e la deliberazione ma anche in questo caso non siamo di fronte ad un vero e proprio organo della società ma solo alla previsione che la manifestazione di volontà dei soci debba assumere una determinata forma.
Gli amministratori sono le persone nominate nel contratto o quelle a cui, in mancanza, il potere viene attribuito dalla legge. La legge fissa solo il principio della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali per i soci che amministrano, dal che deriva che nelle società in accomandita semplice l’amministrazione possa essere attribuita solo ai soci accomandatari. Per il resto in tema di amministrazione è decisiva la volontà dei soci espressa nell’atto costitutivo e la disciplina legale potrà essere applicata solo in mancanza di una disciplina contrattuale. Per le società in accomandita semplice occorre rilevare che la legge vieta ai soci accomandanti il compimento di atti di amministrazione sia interna che esterna prevedendo solo che per quanto riguarda l’attività esterna il socio accomandante possa compiere singoli atti sulla base di una procura speciale sotto la direzione degli amministratori.
Ne deriva pertanto che l’esercizio del potere di amministrazione spetta esclusivamente agli accomandatari che, per alcuni atti di amministrazione esterna, possono avvalersi della collaborazione degli accomandanti ma solo sulla base di un rapporto di subordinazione. Pertanto è vietato al socio accomandante ogni atto che comporti una sostituzione agli accomandatari nel potere di gestione mentre è consentito una sostituzione nel potere di rappresentanza, per singoli affari, in virtù di un apposito conferimento di poteri e sotto la direzione dei soci accomandatari. Ogni eventuale clausola dell’atto costitutivo che consentisse agli accomandanti una ingerenza maggiore di quella prevista dalla legge sarebbe nulla.
Se il principio posto dalla legge non può essere modificato attraverso una clausola dell’atto costitutivo è ovvio che non può essere modificato neanche con l’assenso dei soci e quindi in nessun modo i soci accomandatari possono consentire ai soci accomandanti una ingerenza maggiore di quella prevista dalla legge. L’ingerenza dell’accomandante nell’amministrazione comporta per legge la responsabilità illimitata per tutte le obbligazioni sociali (anche per quelle sorte prima dell’atto di ingerenza) e la possibilità di una sua esclusione dalla società. La legge si applica sia se l’ingerenza è attuata contro la volontà degli accomandatari sia con il loro consenso, sia se si è attuata intenzionalmente che inconsapevolmente.
La disciplina prevista dalla legge è quindi particolarmente severa e ciò si giustifica con il fatto che essa non è posta a tutela dei terzi (che grazie alla pubblicità legale sono in grado di individuare la posizione del socio che agisce) ma per evitare che sia alterata la natura della accomandita. Infatti se il potere di amministrazione potesse essere riconosciuto in qualche modo anche ai soci accomandanti l’accomandita si trasformerebbe in una società in nome collettivo in cui alcuni dei soci avrebbero però responsabilità limitata e la legge intende appunto impedire ciò eliminando la limitazione della responsabilità.