Per comprendere il sistema attuale del diritto commerciale occorre tenere conto della evoluzione che si è verificata nei principi generali alla base della iniziativa economica in quanto nel tempo si è passati da una concezione liberistica che sosteneva l’assoluta autonomia dell’iniziativa economica rispetto allo stato (in quanto il processo economico sarebbe stato in grado di autoregolarsi sulla base delle proprie leggi basate sul meccanismo della domanda e dell’offerta) ad una concezione sociale dell’iniziativa economica in base alla quale essa non può godere di libertà assoluta nella misura in cui deve soddisfare, oltre ai bisogni individuali anche quelli della collettività.
La concezione sociale della iniziativa economica può condurre anche all’abrogazione della proprietà privata dei mezzi di produzione ma anche negli stati in cui ciò non accade è chiaro che essa non può essere rimessa esclusivamente ai privati e comunque non può esplicarsi senza limiti e interventi statali diretti ad adeguare l’azione del privato alla funzione sociale che essa deve esplicare.
Nel nostro paese il principio della concezione sociale dell’impresa economica viene consacrato per la prima volta nella Carta del Lavoro del 1927 ma è sancito anche dalla nostra costituzione. Infatti la costituzione pur sancendo all’art. 41 che l’iniziativa economica privata è libera stabilisce anche che essa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale e che la legge deve determinare i programmi e i controlli opportuni affinché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Ovviamente la costituzione pone il principio che deve essere applicato in base alle scelte del legislatore ma tale principio sussiste e quindi non si può sostenere la libertà di iniziativa economica di cui al primo comma senza tenere conto dello svuotamento che di essa può essere fatto rispetto ai commi successivi. Occorre dire che senza dubbio la costituzione permette di restringere il campo di applicazione del principio di libertà di iniziativa economica privata assicurando la sola garanzia della necessità di una legge.
Nel momento attuale imprese pubbliche e private coesistono nell’ambito dello stesso sistema economico operando in un regime di libera iniziativa economica e di libera concorrenza anche se non mancano limitazioni alla iniziativa privata poste attraverso la determinazione legale di prezzi massimi o minimi, o attraverso il controllo delle esportazioni e importazioni o del mercato dei capitali e delle divise.
Non sono mancate inoltre anche fenomeni di dirigismo economico come nel caso delle leggi contenenti provvedimenti per il mezzogiorno che hanno imposto addirittura l’obbligo per le imprese di investire parte dei capitali nel territorio del mezzogiorno. Non si deve però trascurare, il fatto che nell’ultimo periodo abbiamo assistito ad una specie di riaffermazione del liberalismo economico attraverso la globalizzazione dell’economia che ha reso possibile agli imprenditori di delocalizzare le attività produttive scegliendo così il contesto giuridico in cui operare e sottraendosi in tal modo alla imperatività delle norme dello stato localizzando in altro territorio l’impresa.
Per comprendere l’ordinamento commerciale vigente occorre tenere conto anche della comunità europea tesa alla soppressione di ogni limite statale alla libertà dei traffici ed alla integrazione delle economie dei vari paesi determinando un nuovo ordinamento giuridico che concorre con l’ordinamento statale nelle materie che formano oggetto dell’attività della comunità. Poiché l’ordinamento comunitario integra l’ordinamento interno soprattutto per quanto riguarda l’attività economica e i rapporti tra gli imprenditori esso permea profondamente gli istituti del diritto commerciale attribuendo ad esso un rilievo europeo.