E’ INTESA ogni azione consapevole di quanto meno due imprese, nonchè la delibera di consorzio, associazione di imprese e organismo similare, che producano conseguenze sulla struttura concorrenziale del mercato. Ciò che conta è l’ obiettiva svolta nel caso concreto, la consapevolezza dell’ azione svolgendo nessun ruolo quanto alla identificazione dell’ ipotesi e ruolo marginale nella regolazione specifica. Le intese sono vietate quando hanno “per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’ interno del mercato nazionale o in una parte rilevante…”.
L’ ampiezza della formula consente: l’ applicazione della norma sia alle intese orizzontali che a quelle verticali; la considerazione di ogni tipo di ostacolo o inquinamento alla competizione sul mercato; e ancora la considerazione di ipotesi di concorrenza vuoi attuale che potenziale, dovendosi ragionare non solo sugli effetti ma anche solo sull’ oggetto dell’ intesa. La restrizione di concorrenza deve peraltro essere consistente, in un contesto logico sufficientemente tradizionale.
L’ individuazione del mercato rilevante è il problema più delicato. La soluzione più comune è di ragionare sull’ intercambiabilità di un prodotto o di una classe di prodotti, e di affinare come unità di misura, su cui calcolare la consistenza della restrizione, il mercato del prodotto materialmente sostituibile ai fini della soddisfazione del fruitore. Si adotta così un’ impostazione empirica, ma di indubbia efficacia. L’ art.2.2 della l.287/1990 elenca anche alcune attività che portano alla restrizione di concorrenza.
Queste sono : la fissazione diretta o indiretta di prezzi d’ acquisto o di vendita o di altre condizioni contrattuali; l’ impedimento o il limite alla produzione, agli sbocchi o agli accessi al mercato, agli investimenti, allo sviluppo tecnico o al progresso tecnologico; la ripartizione dei mercati o delle fonti commerciali con altri contraenti, di condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti; la subordinazione della conclusione dei contratti all’ accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che non abbiano alcun rapporto con l’ oggetto dei contratti stessi.
Le intese poste in essere in violazione del divieto come sopra enunciato sono nulle. Là dove sussista una violazione della norma istruttoria metterà in via di principio capo ad un provvedimento amministrativo di accertamento, cui potrà ricollegarsi l’ applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie. E tuttavia la disciplina accorda alle imprese la possibilità di sottrarsi al rischio della sanzione, assumendo nei confronti dell’ Autorità impegni aventi ad oggetto l’ adozione di comportamenti o misure idonee a porre rimedio e a far venir meno i profili anticoncorrenziali delle condotte censurate e che sono sub indice. Indipendentemente dal meccanismo degli impegni sopra descritto, deve comunque rilevarsi che in taluni casi le intese possono essere autorizzate anche se restrittive della concorrenza. Ma essenziale è che l’ intesa comporti “un sostanziale beneficio ai consumatori”.
L’ intesa infragruppo, cioè fra le (sole) società facenti parte di un gruppo, non è vietata. L’ intesa può essere comunicata all’ Autorità per sapere se è attuabile sul mercato o se invece vi è rischio di sanzioni. La comunicazione deve spiegare la vicenda in maniera esauriente, perchè il giudizio dell’ autorità si limiterà alla valutazione dell’ enunciato. In tal ipotesi l’ Autorità , o avvia l’ istruttoria entro 120 gg dalla comunicazione, o non può più avviarla, salvo il caso di comunicazione incompleta o inveritiera.