La legge non pone un limite dimensionale per distinguere l’impresa dalla piccola impresa ma ricomprende nella categoria dei piccoli imprenditori : imprenditori diretti coltivatori del fondo, artigiani, piccoli commercianti, in genere coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. In base al 2083 la nozione di piccolo imprenditore si concentra sul criterio della prevalenza del lavoro proprio del piccolo imprenditore in quanto il lavoro dei familiari è considerato dalla legge come un’appendice. Ci si chiede allora se sia necessario analizzare se il lavoro proprio debba esser prevalente rispetto al lavoro altrui, rispetto al capitale investito o rispetto all’organizzazione. Secondo una dottrina, la prevalenza dovrebbe sussistere sia rispetto al lavoro altrui che rispetto al capitale investito ma questo criterio non pone una distinzione netta tra impresa e piccola impresa (esempio: nel caso dei grandi commissionari cioè chi esercita il commercio in base a depositi con autorizzazione a vendere). Oltre a ciò non sembra questo criterio perseguibile alla stregua della legislazione speciale riguardante categorie di piccoli imprenditori individuate da leggi speciali (pag. 45). Queste leggi speciali non consentono di riferire la prevalenza del lavoro proprio del piccolo imprenditore al lavoro altrui o al capitale investito. Né tantomeno si può desumere da tali disposizioni una prevalenza del lavoro proprio del piccolo imprenditore sul capitale investito. Infine si può dire che seguendo codice e leggi speciali ci si accorge che la prevalenza del lavoro va riferita essenzialmente all’elemento dell’organizzazione. Questa è soltanto un elemento accessorio,che può esservi e non esservi ,ma che quando c’è è contenuto in limiti tali da non trasformare il lavoratore autonomo in imprenditore,e cioè l’attività da esecutiva in organizzativa.