L’art. 2370 co. 1, disponendo che possono intervenire all’assemblea (solamente) gli azionisti cui spetta il diritto di voto , sembra risolvere negativamente l’interrogativo se il socio possessore di azioni prive del diritto di voto possa comunque partecipare alla riunione. Il confronto tra questa norma l’art. 2368 co. 3 lascia poi intendere che occorre distinguere tra:

  • azioni cui costituzionalmente spetta il diritto di voto.
  • azioni cui spetterebbe il diritto di voto, il quale, tuttavia, non può essere esercitato per circostanze contingenti (es. mora del proprietario).

La presenza in assemblea di tali azioni, pur non essendo rilevante per il calcolo del quorum deliberativo, continua comunque a pesare ai fini della determinazione del quorum costitutivo.

 In questo ambito, tuttavia, non mancano le situazioni dubbie:

  • per le azioni proprie possedute dalla società, l’art. 2357 ter co. 2, disponendo che per tali azioni il diritto di voto è sospeso , ma che esse sono comunque computate nel capitale ai fini del calcolo delle quorum costitutivo e deliberativo, risponde negativamente al dubbio che l’acquisto di azioni proprie possa comportare una loro neutralità.
  • per le azioni della controllante acquistate dalla controllata, l’art. 2359 bis, limitandosi a disporre che la società controllata non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee della controllante, sembra di fatto prevedere che la controllata possa effettivamente intervenire alle assemblee della controllante, pur senza fruire del diritto di voto.

 Per poter intervenire all’assemblea, l’art. 2370 richiedeva che l’azionista fosse iscritto nel libro dei soci almeno cinque giorni prima di quello fissato per l’assemblea, oppure che, quanto meno, avesse depositato nello stesso termine le sue azioni presso la sede sociale o presso gli istituti di credito indicati. Il riformatore, diversamente, volendo semplificare il sistema, ha abolito la necessità di questo deposito. Attualmente, quindi, la verifica della legittimazione degli interventi viene fatta al momento, sulla base delle risultanze del libro socio, dell’eventuale esibizione dei titoli azionari o dell’apposita certificazione (azioni dematerializzate).

La nuova versione dell’art. 2370, comunque, prevede che lo statuto possa pur sempre richiedere il preventivo deposito delle azioni o della relativa certificazione presso la sede sociale o le banche indicate nell’avviso di comunicazione, fissando il termine entro il quale esse devono essere depositate (co. 2). Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, tuttavia, non è consentito fissare un termine superiore a due giorni festivi prima dell’assemblea. Con riferimento alle azioni dematerializzate, infine, la norma si limita a disporre che il deposito è sostituito da una comunicazione dell’intermediario (depositario) che tiene i relativi conti.

Trattandosi di azioni nominative (co. 3), chi ha partecipato all’assemblea, o comunque abbia effettuato il deposito delle azioni o della comunicazione di cui al co. 2, deve essere iscritto nel libro dei soci a cura degli amministratori.

 All’assemblea possono intervenire gli amministratori, i sindaci, il rappresentante comune degli obbligazionisti, il rappresentante comune dei possessori degli strumenti finanziari e, nelle società quotate, il rappresentante comune degli azionisti di risparmio. Tali soggetti, pur non avendo il diritto di voto, hanno comunque diritto di partecipare alla discussione.

L’art. 2370 co. 4 apre anche alla possibilità che lo statuto preveda l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o l’espressione del voto per corrispondenza. Attuando una vera e propria fictio iuris, in particolare, la norma dispone che chi esprime il voto per corrispondenza si considera intervenuto all’assemblea.

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