Il tipo centrale dei contratti di collaborazione è costituito dalla società, ma altre figure rientrano in quest’ampia categoria (es. contratti di associazione, l’associazione in partecipazione, i contratti agrari e i consorzi).
Conviene quindi esaminare per quali caratteristiche la società si distingue da queste altre figure:
- conferimento dei soci: non può darsi società senza conferimenti, come non può aversi socio senza conferimento.
Questo elemento serve a differenziare la società dall’associazione in partecipazione, nella quale non vi sono conferimenti delle parti e manca un fondo comune. In essa l’associato trasferisce un bene od una somma di denaro in proprietà dell’associante, acquistando un credito ad una parte degli utili dell’impresa o dell’affare considerato.
- esercizio di un’attività economica in comune. Occorre che le parti si propongano di svolgere con i conferimenti un’attività economica, la quale, tra l’altro deve essere esercitata in comune. La gestione è comune quando può essere ricondotta alla volontà di tutti i soci. Oltre alla gestione, comunque, è necessario che anche l’interesse sia comune, in modo tale che tutti i soci possano godere dell’attività, sebbene non sia necessario che essa sia svolta formalmente in nome di tutti (es. società segrete).
Nella società i soci rispetto alla gestione si trovano in una posizione di uguaglianza: non v’è nessuno che possa comandare agli altri od imporre le sue direttive. Nei contratti agrari questa posizione di uguaglianza manca. La disciplina della mezzadria, infatti, è improntata all’esigenza di tutelare il mezzadro, considerato non come socio, ma come lavoratore. Stesso discorso può essere fatto per la colonia parziaria. Affine alla società è invece la soccida, sebbene vi siano delle differenze in ordine alla gestione, attribuita al soccidante nella soccida semplice o parziaria, ed al soccidario nella soccida con conferimento di pascolo.
- scopo di procurare ai soci un vantaggio patrimoniale, un utile, a prescindere che questo sia realizzato dalla società e poi ripartito fra i soci (società lucrative) oppure che sia conseguito direttamente dai soci (società cooperative), e a prescindere anche dal fatto che tale utile consista in un lucro oppure in un risparmio. È invece essenziale che il vantaggio patrimoniale sia destinato ai soci: la società è un istituto egoistico.
In presenza di un patto esplicito per cui l’utile dell’attività debba essere erogato a scopi di beneficienza o per finalità politiche o religiose, potremmo essere di fronte ad un’attività d’impresa, ma non ad una società. Questo principio, tuttavia, negli ultimi anni è stato messo in discussione dal legislatore che ha avuto occasione di qualificare come società, ad esempio, le società sportive, nelle quali era espressamente esclusa la distribuzione degli utili ai soci. Si propone quindi il problema già noto per le cooperative, ovvero se si possa parlare di società vera e propria o non piuttosto di contratti genericamente associativi rivestiti di forma societaria. A prescindere da quanto detto, comunque, questo terzo elemento, laddove non appaia legislativamente derogato, costituisce pur sempre un valido elemento di differenziazione delle società dalle associazioni.