Il consorzio è una associazione di persone fisiche o giuridiche per la realizzazione di un interesse comune ad esse. L’organizzazione in comune si pone quindi come uno strumento per la realizzazione di interessi propri di ciascun consorziato che non potrebbero essere realizzati singolarmente o che non potrebbero essere realizzati alle stesse condizioni economiche. Nel diritto pubblico sono previsti consorzi volontari, obbligatori e coattivi mentre nel diritto privato il consorzio tra imprenditori è solo volontario e quindi la sua fonte è nella volontà dei singoli imprenditori fissata in un contratto.
La nozione di consorzio contenuta nell’originario art. 2602 cc comprendeva unicamente i contratti tra imprenditori esercenti la stessa attività economica o attività connesse e che avessero per oggetto il coordinamento della produzione e degli scambi e quindi la disciplina delle attività economiche stesse. Nel nuovo articolo 2602 del cc invece si stabilisce che con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono una organizzazione comune per la disciplina e lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.
Nella versione originale dell’art. 2602 la disciplina era posta essenzialmente in funzione delle limitazioni che il consorzio poteva portare alla libertà di iniziativa economica dei singoli consorziati e alla incidenza che il consorzio poteva avere come fattore di distorsione della libera concorrenza sul mercato e pertanto erano previsti limiti di durata, la necessità di autorizzazione amministrativa e la sottoposizione a controlli pubblici.
Con il nuovo articolo 2602 la disciplina è rimasta invariata (al di là dell’abolizione del limite di durata) ma è mutata la prospettiva in quanto attualmente un rapporto concorrenziale potrebbe addirittura non esserci tra i consorziati. Infatti la nozione attuale di consorzio comprende due distinti fenomeni.
a) i consorzi dove l’organizzazione in comune è creata per la disciplina di fasi delle rispettive imprese, tra i quali abbiamo i consorzi tra imprenditori concorrenti creati per il coordinamento della produzione e degli scambi
b) i consorzi in cui l’organizzazione comune è creata invece per lo svolgimento di determinate fasi delle imprese stesse. Non è quindi adeguata una disciplina che pretenda di trattare unitariamente i due diversi tipi di consorzio.
Il collegamento con la disciplina della concorrenza ha infatti senso per il primo tipo di consorzio ma non per il secondo in quanto in tal caso siamo di fronte ad un fenomeno di cooperazione nell’esercizio dell’impresa. Nello stesso modo l’eliminazione nel nuovo articolo 2602 del limite di durata ha senso con riferimento al secondo fenomeno ma non al primo. Infatti rispetto ad un fenomeno di cooperazione tra imprenditori operanti in settori economici diversi e diretto alla creazione di impianti comuni o alla realizzazione di economie di spese i limiti legali non hanno ragione di essere e sono solo i consorziati a dover valutare quale sia la loro convenienza.
Per quanto riguarda la responsabilità l’attuale art. 2615 sottrae il consorzio al regime di responsabilità proprio delle associazioni non riconosciute che prevede accanto alla garanzia data dal fondo consortile la responsabilità solidale e illimitata delle persone che agiscono a nome del consorzio stabilendo che il consorzio sia una organizzazione a responsabilità limitata e non prevedendo nemmeno un ammontare minimo del fondo consortile. Per quanto riguarda la struttura consortile è previsto che essa possa assumere oltre che la forma del consorzio quella propria di altre società (e anzi in alcuni casi deve per forza assumerla come nel caso dei consorzi agrari che sono costituiti con la forma di società cooperativa). Per il resto la disciplina rimane quella originaria e quindi si continuano a prevedere i controlli pubblici e la loro applicabilità anche ai consorzi costituiti in forma di società.
Il codice dispone che per la costituzione (in qualunque forma avvenga) dei consorzi che possono influire sul mercato dei beni in essi contemplati è necessaria l’approvazione dell’autorità governativa e che l’attività dei consorzi (qualunque sia la loro influenza sul mercato) è soggetta alla vigilanza dell’autorità governativa che ha il potere di scioglierne gli organi sostituendoli con un commissario governativo o addirittura nei casi più gravi di sciogliere il consorzio stesso.
La qualità di imprenditore come presupposto della partecipazione al consorzio – La partecipazione al contratto di consorzio richiede la qualità di imprenditore e tale requisito deve permanere anche durante lo svolgimento del consorzio stesso. Se infatti uno dei contraenti cessa dalla qualità di imprenditore nella categoria descritta nel contratto di consorzio viene meno la sua partecipazione al consorzio stesso in quanto egli non ha più interesse a partecipare ad una organizzazione che non lo riguarda.
Pertanto nel contratto di consorzio sono previste cause di recesso o di esclusione nel caso in cui tale evento si verifichi. In conseguenza dell’esercizio del recesso o della esclusione il contratto si scioglie relativamente a quel consorziato permanendo invece tra gli altri. Se la cessazione dell’esercizio dell’impresa da parte del consorziato è invece effetto del trasferimento ad altri dell’azienda allora non si ha scioglimento del rapporto ma sostituzione dell’acquirente al venditore. Solo in caso sussista una giusta causa (e limitatamente all’ipotesi di trasferimento per atto tra vivi) gli altri consorziati possono deliberare entro un mese dal trasferimento l’esclusione dell’acquirente dal consorzio.