Queste limitazioni non si applicano in quattro casi particolari (art. 2357 bis co. 1):
- quando l’acquisto avvenga in esecuzione di una delibera assembleare di riduzione del capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento. Tale acquisto, comunque, non è destinato a far entrare le azioni nel patrimonio della società, ma è solo strumentale al loro annullamento in funzione della riduzioni di capitale. Delle sopraindicate limitazioni, quindi, nessuna trova una logica possibilità di applicazione.
- quando l’acquisto avvenga a titolo gratuito, sempre che si tratti di azioni interamente liberate. Delle limitazioni sopraindicate, quindi, permane quest’ultima, dal momento l’acquisto (sia pure gratuito) di azioni su cui grava il debito per i decimi residui si presterebbe non solo alla confusione tra soggetto conferitario e soggetto conferente, ma anche a consentire la sottrazione del socio o dei soci agli obblighi che loro fanno carico, liberandoli dall’onere del versamento dei decimi rimanenti.
- quando l’acquisto avvenga per effetto di successione universale o di fusione o scissione, caso in cui permane solo la limitazione del decimo del capitale. In questo caso, quindi, può accadere che la società accolga nel proprio patrimonio anche azioni non interamente liberate. Tale eccezione ad una regola altrimenti sempre richiamata si giustifica per due ordini di considerazioni, ispirate alla particolarità della fattispecie, ossia alla successione universale:
- non è ipotizzabile una manovra tesa a favorire il socio debitore dei decimi.
- l’esistenza del debito per i decimi residui viene a costituire uno solo tra i tanti elementi del patrimonio oggetto di successione, per cui apparirebbe iniquo impedire, per questo solo motivo, l’acquisizione di altri vantaggi offerti dall’accettazione della successione o dalla fusione.
- quando l’acquisto avvenga in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito della società, sempre che si tratti di azioni interamente liberate. Tale disposizione, facendo riferimento alla possibilità che la società chieda l’assegnazione delle azioni oggetto di esecuzione, è formulata in modo da far ritenere possibile questa eventualità, sia quando titolare delle azioni figuri essere il debitore, sia quando titolare figuri esserne un terzo.
Nei casi di cui ai nn. 2, 3 e 4 deve comunque esser rispettato il limite della decima parte del capitale sociale. In questo caso, tuttavia, esso si atteggia non come un divieto di acquisto, bensì come un divieto di mantenere nel patrimonio sociale azioni proprie così acquistare, il cui valore nominale ecceda il decimo predetto, per un tempo superiore a tre anni (co. 2).
Se l’eccedenza non viene alienata entro questo termine, le azioni eccedenti debbono essere annullate, così come previsto per il caso di acquisti compiuti in violazione dei limiti già noti (art. 2357).