Tutto ciò è stato introdotto con d.lgs. 74/1992 modificato in seguito in attuazione di due direttive comunitarie. La “pubblicità ingannevole” può alterare le scelte dei suoi destinatari ma d’altra parte non necessariamente pregiudica la posizione di singoli concorrenti. Il riferimento alla “pubblicità comparativa” potrebbe portare al fatto che il giusto interesse dei consumatori ad esser adeguatamente informati renda i comportamenti concorrenzialmente più aggressivi. La definizione di pubblicità ingannevole usa come parametro quello dei consumatori: essa è una pubblicità che è idonea a indurre in errore le persone fisiche o giuridiche a cui è rivolta e che possa pregiudicare il loro comportamento economico per l’inganno (ultima modifica d. lgs 145/2007).
La pubblicità comparativa non deve esser ingannevole, ma oggettiva per non assumere carattere confusorio, denigratorio e non si deve tradurre in comportamenti parassitari rispetto ai concorrenti. In materia di pubblicità ingannevole, non è necessariamente individuabile un singolo concorrente da essa pregiudicato e l’interesse leso, alterando così la competizione, è quello generale
al corretto svolgersi quindi un interesse oggettivo del mercato: la legge perciò predisporrà un procedimento di tipo amministrativo per considerare questo interesse generale con l’Autorità: ad essa può esser fatto presente il fatto e poi essa con istruttoria potrà provvedere ed eventualmente inibire la continuazione della pubblicità e una sanzione amministrativa, oltre che ordinare la pubblicazione di dichiarazioni rettificative tali da impedire che continui a produrre i suoi effetti .
Ricorsi all’Autorità sono propri del giudice amministrativo.