Accanto ai modi di acquisto a titolo originario e a titolo derivativo, troviamo i cd. trasferimenti coattivi che hanno la caratteristica di non essere manifestazione del potere dispositivo del proprietario, ma rappresentano l’effetto dell’esercizio di altro potere legittimo. I trasferimenti coattivi non vanno confusi con gli acquisti coattivi. Questi ultimi infatti sono gli strumenti con cui un soggetto, con iniziativa unilaterale, esercita un diritto privatistico attuandone il contenuto con l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale. Quindi agli acquisti coattivi è radicalmente estranea qualsiasi considerazione di un officium, così come di interessi alieni.
Secondo un’opinione non più condivisa, i trasferimenti coattivi comprenderebbero la vendita forzata e l’espropriazione per pubblica utilità. Tale accostamento è apparso superficiale in quanto la funzione della vendita forzata è di conseguire una somma di danaro, mentre l’espropriazione per pubblica utilità è finalizzata a procurare un bene. Poi il provvedimento del giudice non è assimilabile a quello della pubblica Amministrazione. In breve, ricordiamo che l’espropriazione per pubblica utilità consiste in una serie di misure o interventi autoritativi in base ai quali la PA provvede al mutamento delle situazioni di appartenenza del diritto di proprietà ovvero alla costituzione di diritti su beni altrui per fini pubblici, con l’attribuzione al proprietario espropriato di una indennità.
La vendita forzata, poi, si colloca sullo sfondo della responsabilità patrimoniale del debitore e del conseguente risarcimento per equivalente. Quest’ultimo rappresenta la reazione ad una lesione di una situazione soggettiva rilevante, che ha luogo mediante una misura ripristinatoria della consistenza quantitativa del patrimonio nello stato quo ante l’illecito o l’inadempimento. E’ ora opportuno richiamare le principali norme che tracciano il percorso che va dal sorgere dell’obbligazione al risarcimento, nel caso d’inadempimento, per equivalente dell’interesse del creditore:
a) a norma dell’art. 1218 c.c. il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno; l’art. 2740 poi fissa il principio della garanzia patrimoniale, con la formula “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”; tale principio va coordinato con quello della par condicio creditorum, contenuta nell’art. 2741, secondo cui “i creditori hanno uguale diritto ad essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione”. L’espropriazione forzata realizza tali principi mediante la conversione dei beni del debitore in denaro in modo che venga poi assegnato al creditore procedente o distribuito tra i creditori, sotto il controllo del giudice.
b) Secondo il codice di procedura civile l’esecuzione forzata può avvenire solo in virtù di un titolo esecutivo per un diritto liquido, certo ed esigibile (art. 474 cpc). Quindi occorre che il diritto sia accertato in via giudiziale o stragiudiziale. Il titolo esecutivo deve essere preceduto dall’intimazione di adempiere entro un termine non inferiore a 10 giorni e con l’avvertenza che in mancanza si procederà all’esecuzione forzata. L’esecuzione forzata inizia col pignoramento, cioè con l’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi. Il debitore è costituito custode del bene pignorato, salvo che il giudice nomini altra persona. Successivamente, il creditore procedente fa istanza al giudice di provvedere alla vendita forzata dei beni pignorati. Il giudice provvede a disporre la vendita o l’assegnazione ricorrendo, nella vendita, al metodo dell’incanto attraverso una gara, oppure senza incanto mediante offerte.
c) Gli effetti della vendita forzata sono fissati dall’art. 2919: la vendita forzata trasferisce all’acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l’espropriazione salvi gli effetti del possesso di buona fede. Non sono però opponibili all’acquirente diritti acquistati da terzi sulla cosa, se i diritti stessi non hanno effetto in pregiudizio del creditore e dei creditori intervenuti nella esecuzione. Si tratta di un modo di acquisto a titolo derivativo che prescinde dal consenso di colui che ha subito l’esecuzione ed è per questo motivo che è esclusa la garanzia per i vizi della cosa alienata. La vendita forzata non è riconducibile al uno scambio di consensi e si presenta come una fattispecie processuale composta da una serie di atti che chiudono con un provvedimento del giudice che produce l’effetto traslativo ed è titolo per la trascrizione.