Con la locuzione proprietà di beni produttivi (beni che hanno naturale attitudine a produrre altri beni o che sono organizzati per l’esercizio di una attività) s’intende alludere ad una situazione di “potere – dovere” in base al quale sarebbe fatto obbligo al proprietario di tali beni di esercitare l’attività produttiva. Se fosse vero, si tratterebbe di uno speciale statuto della proprietà caratterizzato da un facere posto dalla legge a carico del proprietario in virtù della natura produttiva del bene. Tale prospettiva richiama la complessa questione dei rapporti tra proprietà e impresa, rapporti caratterizzati dalla diversità del tipo di godimento: riconoscibile nella proprietà dal valore finale che ha la percezione delle utilità erogate dal bene; nell’impresa dalla funzione strumentale che il bene svolge per consentire la realizzazione di un risultato ulteriore.

Tornando all’argomento, si sostiene che l’art. 838 c.c. fornirebbe uno spunto testuale di sostegno all’idea che il proprietario sia obbligato a svolgere l’attività produttiva connaturata al bene oggetto del suo diritto. Infatti, a norma di tale articolo, è prevista l’espropriazione dei beni che interessano la produzione nazionale o di prevalente interesse pubblico quando il proprietario ne abbandoni la conservazione, la coltivazione o l’esercizio. La norma porterebbe all’interno del diritto l’attività economica attraverso lo schema dell’obbligo; in tal senso il richiamo alla conservazione, coltivazione ed esercizio di attività ha fatto intravedere la presenza di veri e propri obblighi propter rem a carico del proprietario.

Se poi si approfondisce l’argomento risulta ragionevole ritenere che gli obblighi di attività relativi ad un bene produttivo dovrebbero gravare anche su chiunque sia in rapporto col bene e non vi è alcun motivo per escludere dal novero di tali soggetti anche il possessore. Tale osservazione comporta un problema, in quanto l’art 838 c.c. pone la misura espropriativi a carico del solo proprietario senza nulla dire per l’ipotesi in cui l’inerzia o il mancato esercizio sia imputabile ad altri (usufruttuario, enfiteuta, possessore).

Invero l’art. 838 c.c. non ha mai ricevuto pratica applicazione, perché sul piano storico tale norma si collegava all’art 811 c.c. (ora abrogato, che recitava: i beni sono sottoposti alla disciplina dell’ordinamento corporativo in relazione alla loro funzione economica e alle esigenze della produzione nazionale) e presupponeva lo sviluppo di un sistema economico, tenuto presente dal legislatore del 1942, ma di fatto rimasto inattuato con la caduta del regime politico del tempo.

Sotto un altro profilo, la previsione derivante dal coordinamento degli artt. 811 e 838 c.c. risultava sostanzialmente rivolta e limitata alla proprietà agricola, nel quadro di una veduta politica economica caratterizzata dal “dirigismo corporativo”. Tornando al problema della proprietà dei beni produttivi, è dubbio se sia consentita la possibilità di imporre al proprietario obblighi di attività. La nostra esperienza conosce meccanismi molto più sofisticati per assicurare la collaborazione del proprietario di un bene produttivo al conseguimento di finalità ritenute di interesse generale.

Valutazioni diverse vanno fatte invece in relazione ai titolari di diritti reali minori quando il loro diritto è esercitato su di un bene che ha ricevuto dal proprietario una destinazione produttiva. Ricordiamo che il proprietario può scegliere una certa organizzazione economica per il bene oggetto del suo diritto e tale scelta rientra nell’ambito dei poteri di destinazione.

La destinazione impressa dal proprietario al bene funge da limite a chi vanta diritti di godimento sullo stesso; ciò vuol dire che le potenziali attitudini del bene a soddisfare bisogni e interessi eterogenei si restringono per chi è nel godimento del bene alla scelta operata dal proprietario. Si pensi all’obbligo a carico dell’usufruttuario di rispettare la destinazione economica della cosa in ragione dell’utilizzazione assegnata alla stessa dal proprietario e la violazione di tale obbligo comporta la facoltà per il nudo proprietario di chiedere la decadenza dell’usufruttuario per abuso.

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