Abbiamo detto che le obbligazioni reali sono solo quelle previste dal legislatore e la giurisprudenza più recente ne conferma la tipicità. Si è osservato che la tipicità non riguarda tanto l’obbligazione in sé, quanto piuttosto il diritto reale a cui l’obbligazione è collegata, nel senso che l’imposizione libera di un obbligo di facere a carico del titolare del fondo servente potrebbe svuotare il contenuto essenziale del diritto di proprietà e sarebbe allora inutile sostenere tipicità e numero chiuso dei diritti reali.

Seguendo un’altra argomentazione, si è evidenziato che la disciplina dell’obbligazione reale non consente ai privati di configurare altre obbligazioni reali aventi le medesime caratteristiche. Il contenuto potrà, però, variare a condizione che lo schema predisposto dal codice sia rispettato. Il problema resta quello legato all’opponibilità di un’obbligazione reale atipica e una risposta è stata data dalla giurisprudenza della Cassazione: i contratti non possono avere effetto che tra le parti e non possono, eccetto i casi previsti dalla legge, portare pregiudizio ai terzi estranei e il terzo acquirente non è tenuto a subire il debito assunto dal suo autore.

La questione dell’atipicità delle obbligazioni reali risulta slegata alla concreta disciplina delle figure regolate dal codice. Si tratta di ritenere configurabili nel nostro ordinamento obbligazioni relative ad un certo modo di utilizzo del bene con carattere di realità, cioè impegnative anche per i successivi acquirenti del bene. L’obbligazione reale diventa così il modello tecnico attraverso cui raggiungere quelle finalità variamente predicate in tema di atipicità dei diritti reali.

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