GiĂ in altra sede si è avuto modo di dissentire dalla poÂsizione di chi, autorevolmente, pur in presenza di un’ espressa distinzione legislativa, tende a ridurre ad unitĂ il fenomeno della modificazione nel lato passivo del rapporto obbligatoÂrio, considerando tutte e tre le figure ipotesi di obbligazione solidale disuguale: il legislatore, infatti, ritenendo non solidale la delegazione e solidali l’espromissione e l’accollo, ha effetÂtuato una differente scelta.
In proposito, pare pacifico che la presenza di un onere di preventiva richiesta, rientrando tra le modalitĂ di cui all’art. 1293 cod. civ., sia compatibile con la disciplina delle obbligazioni in solido; ciò che invece anÂdrebbe dimostrato è che la sussidiarietà è un aspetto della solidarietĂ con la conseguenza che la presenza della prima comporta, necessariamente, l’applicazione della disciplina preÂvista dall’art. 1292 ss. cod. civ. e che l’esistenza di un deterÂminato assetto di interessi tra un (con)debitore e l’altro possa determinare le modalitĂ di attuazione dell’obbligazione soliÂdale.
La sussidiarietà è una delle possibili modalitĂ di attuaÂzione dell’obbligazione e, quindi, visti gli artt. 1293, 2356 e 2481 cod. civ., anche di quella solidale passiva. Detta modaÂlitĂ , autonoma rispetto alla solidarietĂ , può trovare giustificaÂzione nel regolamento adottato dalle parti o, qualora la fonte sia la legge, in particolari esigenze che, incidendo sulla fattiÂspecie contemplata come solidale, ne legittimino l’adozione. In mancanza di un’ espressa previsione (negoziale o legale), il creditore deve conservare inalterato il diritto che gli attribuiÂsce l’art. 1292 cod. civ. di pretendere l’adempimento dal deÂbitore prescelto.
Sicuramente, la possibile variabilitĂ dell’inteÂresse nell’ambito del gruppo condebitorio incide, ex art. 1298 cod. civ., sull’azione di regresso esercitabile da chi ha effettuaÂto l’adempimento; essa, tuttavia, non può automaticamente rilevare sulle modalitĂ di attuazione dell’interesse del creditore, imponendogli un onere di preventiva richiesta che non emerÂga dalla disciplina del singolo rapporto.
Una simile conclusione risulta maggiormente convincente se si considera che il fenomeno dello spostamento del peso economico del debito nei rapporti interni non è un effetto costante dei negozi di assunzione anche perchĂ©, secondo autorevole dottrina, tale circostanza sarebbe riscontrabile soltanto nell’accollo. Se così fosse, però, almeno per l’opinioÂne secondo cui l’assetto di interessi esistente tra i condebitori rileva sull’ esigibilitĂ delle relative prestazioni, si dovrebbe concludere per la necessaria sussidiarietĂ del debito dell’accolÂlato; per le altre figure (delegazione ed espromissione), invece, sarebbe necessario verificare, di volta in volta, se il terzo abbia fatto proprio, nei rapporti interni, il debito altrui.
Sembra, tuttavia, che, a prescindere dalla figura utilizzata, il definitivo trasferimento del peso del debito dal primo debitore al nuoÂvo, non debba necessariamente incidere sul rapporto con il creditore. Ad esempio, è il negozio di accollo che giustifica l’obbligazione di cui è titolare l’accollante, sicchĂ© in esso, e soltanto in esso, potrĂ essere rinvenuta la relativa disciplina alla quale il creditore può dare la propria adesione. Per ciò le ragioni che hanno indotto il terzo ad intervenire, rilevano nei confronti del creditore solamente se rinvenibili nella convenÂzione di accollo alla quale si deve fare riferimento per determinarne i limiti e le modalitĂ di esecuzione. Considerazioni analoghe valgono anche per l’espromissione e per la delegaÂzione ove le modalitĂ di adempimento risulteranno dal negoÂzio espromissorio o dal c.d. iussum delegatorio.