La tutela nei casi di contratti invalidi risponde all’esigenza di eliminare tali contratti o i loro effetti. L’invalidità esprime una situazione di irregolarità dell’atto compiuto dalle parti ai criteri e requisiti stabiliti dalla legge. Ad esempio quando un contratto non è stipulato nella forma prescritta non può ricevere riconoscimento dall’ordinamento perché contrasta con nome che l’ordinamento pone sulla valida conclusione di negozi o contratti.
Sotto il profilo della tutela nasce l’esigenza che questa situazione di difformità sia eliminata dal mondo giuridico. Gli strumenti per raggiungere questo scopo sono le pronunce dei giudici che accerteranno la situazione di difformità ed elimineranno l’atto difforme.
La dottrina ha separato le pronunce del giudice a seconda che esse siano rese nei giudizi di nullità o di annullamento.
Nei giudizi di nullità la sentenza avrà natura dichiarativa;
nei giudizi di annullamento la sentenza avrà natura costitutiva in quanto questa mira a modificare una situazione giuridica preesistente: il negozio aveva prodotto i suoi effetti e la sentenza di annullamento li elimina.
La ragione di questa differenza risiede nella storica differenza tra le forma di invalidità: nullità e annullabilità.
La nullità è la forma più grave di invalidità ed è caratterizzata dalla:
mancanza di taluno degli elementi essenziali
improduttività di effetti: il negozio non produce gli effetti della categoria cui appartiene assolutezza: può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse;
rilevabilità di ufficio: può essere rilevata di ufficio dal giudice, senza domanda di parte insanabilità: il negozio nullo non può sanarsi per convalida
imprescrittibilità : l’azione non è soggetta a limiti di tempo per la sua esperibilità;
efficacia retroattiva della pronuncia: il negozio è da ritenere come mai posto in essere
Il negozio nullo non produce effetti né tra le parti, né nei confronti dei terzi.
L’annullabilità corrisponde invece ad un vizio meno grave ed è caratterizzata: Caratteristiche dell’annullabilità, quale forma di invalidità del negozio, sono:
l’efficacia interinale del negozio annullabile: il negozio, finché non viene annullato, produce tutti i suoi effetti;
la relatività dell’azione: l’annullabilità può essere chiesta, di regola, soltanto dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge
l’irrilevabilità d’ufficio del vizio: il giudice non può, senza domanda di parte, rilevare l’annullabilità;
la sanabilità del negozio: il negozio annullabile può sanarsi con la convalida
la prescrittibilità dell’azione: l’azione di annullabilità è soggetta prescrizione quinquennale
la natura costitutiva dell’azione di annullabilità , in quanto questa mira a modificare una situazione giuridica preesistente: il negozio aveva prodotto i suoi effetti e la sentenza di annullabilità li elimina.
L’azione di annullabilità ha efficacia retroattiva relativa: i diritti dei terzi se acquistati a titolo oneroso in buona fede non sono pregiudicati
Tuttavia questa divisione è di uso scolastico e nella prassi ha scarsa consistenza. Ad esempio le invalidità matrimoniali si sottraggono ad ogni classificazione.
Un esempio del superato di questa classificazione è dato in tema di rilevabilità. Secondo il codice la nullità può essere rilevata anche d’ufficio. Tuttavia la giurisprudenza ha interpretato tale nel principio nel senso che:
la nullità può essere accertata d’ufficio solo quando viene richiesta l’esecuzione del contratto in caso di richiesta di risoluzione il giudice deve attenersi alla richiesta della parte infine ci sono casi in cui la nullità può essere rilevata solo da alcuni soggetti. Parliamo dei casi di nullità relativa.
Un’altra concezione scolastica che viene meno nell’analisi della prassi è quella degli effetti. Si insegna che il negozio nullo è improduttivo di effetti mentre quello annullabile produce effetti precari o interinali.
Anche queste distinzione viene meno se si osserva che il negozio nullo è produttivo di effetti almeno nei riguardi dei terzi oppure se si prendono in considerazioni i casi di nullità parziale.
Preso atto di questa considerazione è anche difficile distinguere tra pronuncie dichiarative e costitutive di invalidità dei contratti. In entrambe le ipotesi il giudice deve procedere a togliere ogni significato e forza al contratto che invalido.
In tutte le pronunce dei giudici rese su contratti invalidi possiamo dire che esse esercitano la loro funzione di tutela solo nel momento in cui vengono rese. Per il periodo anteriore sia il negozio nullo che quello annullabile produrranno gli effetti di cui sono capaci.
Un esempio di come viene meno questa divisione scolastica è in tema di licenziamenti: l’art.18 dello statuto del lavorati tratta alla stesso modo sia le ipotesi di
licenziamenti nulli (perché intimati per rappresaglia)
annullabili (perché privi di giustificato motivo)
In entrambi i casi il lavoratore avrà l’onere di impugnare il licenziamento entro 60 giorni; il giudice accertata l’invalidità ordinerà la reintegrazione nel posto di lavoro.
In conclusione possiamo affermare che la divisone nullità/annullabilità proposta nei casi di scuola oggi ha scarso valore. Oggi l’ordinamento dove ritenga di tutelare interessi generali renderà utilizzabile il rimedio di tutela azionabile da chiunque ne abbia interesse in modo da agevolare l’eliminazione dell’atto. Ciò vuol dire che l’azione di nullità perde la sua caratteristica di fine generala di attuazione di legge per essere finalizzata alla tutela delle singole posizioni.