Al fine di ridimensionarne il ruolo, non varrebbe obiettare che, stante il richiamo effettuato dall’art. 1959 cod. civ., al mandato di credito sarebbe ugualmente applicabile l’art. 1956 cod. civ. nella nuova formulazione. Una tale (even­tuale) osservazione peccherebbe di eccessivo rispetto verso una ricostruzione «ingegneristica» del sistema giuridico. Nella ricerca di una soluzione soddisfacente, l’interprete deve evita­re pericolose sovrapposizioni di norme, non sempre chiare a causa di tecniche legislative erroneamente utilizzate che, spesso, si risolvono in «una somma di testi, l’uno stancamen­te aggiunto all’altro». In proposito, giova ricordare che l’art. 12 disp. prel. impone di non fermarsi al significato proprio delle parole, ma di tenere in analoga considerazione l’inten­zione del legislatore.

L’attività ermeneutica non ricerca la sola voluntas legis, ma si prefigge di rinvenire lo scopo pratico perseguito ed al quale la norma fornisce la soluzio­ne. Sembra, dunque, da condividere l’orientamento della giurisprudenza secondo cui il precetto va desunto dalle espressioni letterali e da un adeguato esame del fondamento e dello scopo della norma, senza dei quali si potrebbe giun­gere ad un risultato interpretativo in contrasto con lo spirito della legge. In questa attività spetta all’interprete, sensibile ai criteri storico e teleologico, ricomporre la disciplina compa­tibile con l’assetto di interessi programmato, calandola nel contesto, non soltanto giuridico, in cui è chiamata ad operare.

In tale situazione l’art. 1956 cod. civ., sebbene espres­samente richiamato dall’art. 1959, comma 2, cod. civ., nel mandato di credito ha una diversa rilevanza rispetto a quella assunta nella fideiussione codicistica. La tecnica del rinvio costituisce un espediente essenzialmente ispirato ad un prin­cipio di economia, tendente ad evitare inutili duplicazioni lessicali. Di conseguenza, la sua utilizzazione non giustifica l’automatica trasposizione di una norma prevista per altro la necessità di non confondere l’articolo di legge con la norma, che è sempre il risultato dell’ attività interpretativa; questa deve essere particolarmente attenta a non fare degra­dare il principio di legalità «nella materialità della lettera che uccide». L’interpretazione è logico-sistematica ed è, per de­finizione, teleologico-assiologica: risulta necessario, pertanto, valutare l’insieme delle proposizioni normative per poter in­dividuare la disciplina piu adeguata e compatibile con gli interessi in gioco.

Le precedenti osservazioni inducono a ritenere che la modifica legislativa non possa essere estesa, acriticamente, al mandato di credito, ove il contenuto normativo dell’ art. 1956 cod. civ. ivi richiamato, proteggendo interessi differenti792, assume un significato diverso da quello rinvenibile nella fideius­sione. In questa, l’inderogabilità della norma tutela il garante – che, in genere, è sostanzialmente terzo rispetto al rapporto garantito – da eventuali concessioni di credito effettuate in pregiudizio del suo diritto di «rivalsa».

L’art. 1956 cod. civ. – ricollegabile alla fideiussione per obbligazione futura deve essere interpretato tenendo conto che, nel sottolineare l’alterità del debito rispetto alla garanzia, evidenzia la neces­sità di salvaguardare le ragioni del garante a non vedere dila­tato il debito principale, con conseguente difficoltà di recupero. In questo ambito, pare opportuno l’intervento legislativo che, introducendo l’inderogabilità della norma in questione, ha evitato al creditore la possibilità di imporre una disciplina diversa, mediante la conclusione di contratti socialmente tipici ed unilateralmente predisposti.

Per quanto riguarda il mandato di credito, invece, si dovrebbe concludere differentemente perché il inandante ­promissario, che «mai è fideiussore», ha la possibilità di regolare preventivamente il rapporto con il creditore e quello che si costituirà tra quest’ultimo ed il debitore finanziato. Il contratto previsto dall’art. 1958 s. cod. civ., sebbene consenta anche al mandatario-promittente di assumere l’iniziativa, è caratterizzato dalla funzione socio-economica propria del «far credito».

Di conseguenza, il mandante-promissario, sostan­zialmente, non è terzo rispetto all’ operazione di finanziamento alla quale concorre in maniera determinante798, indicando ne le modalità e le condizioni per la corretta erogazione: nella spe­cie, sarebbe pertanto applicabile l’art. 1711, comma 2, cod. civ., che obbliga il mandatario a rispettare le istruzioni del mandante nell’esecuzione dell’incarico ricevuto. In tale con­testo, il mandante-promissario, al momento della conclusione ingenerato nei confronti del mandatario-promittente. Il cre­ditore, infatti, potrebbe legittimamente confidare sul control­lo del mandante-promissario che, essendo in grado di cono­scere agevolmente le condizioni patrimoniali del patrocinato, dovrebbe intervenire espressamente per revocare l’affidamen­to originariamente concesso.

L’art. 1956 cod. civ., espres­sione del generale dovere di buona fede in executivis, deve, necessariamente, gravare su entrambi i contraenti. Pertanto, in mancanza dei presupposti richiesti, il creditore dovrà chie­dere espressa autorizzazione al mandante-promissario prima di concedere credito al terzo, le cui condizioni patrimoniali fossero divenute tali da compromettere le ragioni del garante; viceversa, qualora il promittente-mandatario, espressamente o implicitamente, avesse assunto in prima persona il rischio eco­nomico dell’ operazione, sarebbe suo preciso dovere provve­dere diligentemente al controllo dell’ affidatario e, se del caso, intervenire per far cessare il flusso creditizio.

La derogabilità dell’art. 1956 cod. civ. nelle garanzie personali diverse dalla fideiussione dovrà essere valutata di volta in volta, conside­rando la funzione socio-giuridica della fattispecie utilizzata, l’interesse del garante alla concessione del credito e la sua possibilità di conoscere le condizioni patrimoniali del debito­re principale per poter decidere, consapevolmente, se «conge­lare» il finanziamento, revocando la garanzia815. In questa prospettiva, l’art. 1956 cod. civ., espressamente richiamato dall’art. 1959, comma 2, cod. civ., inderogabile nell’ambito della fattispecie fideiussoria, potrebbe risultare disponibile nel mandato di credito.

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