Il problema, più in generale, potrebbe trovare, invece, soluzione nell’ambito della fattispecie di cui all’ art. 1235 cod. civ. se alla stessa si riconoscesse autonomia rispetto alla semplice vicenda modificativa del rapporto obbligatorio. In tal caso, però, la novazione soggettiva non produrrebbe, di regola, l’estinzione della vecchia obbligazione in funzione della costituzione di altra con differente debitore; essa, al più, avreb­be in comune con la novazione oggettiva soltanto la corrispet­tività tra l’assunzione del debito da parte del terzo e la con­testuale liberazione del debitore originario, effetti che potreb­bero essere realizzati con un unico atto, soltanto se entrambe le vicende venissero concordate in un negozio trilaterale.

La delegazione, stante la presenza del c.d. iussum indirizzato al delegato ed al delegatario (iussum accipiendt), presenta una struttura tale da consentire al delegato di obbligarsi nei con­fronti del delegatario in funzione della contestuale liberazione del delegante. Diversamente accade nell’ accollo e nell’ espromis­sione, ove l’accollatario e l’espromesso possono aderire ai due negozi soltanto in un momento successivo, rendendo cOSI impossibile la vicenda estintiva in funzione di quella costi­tutiva.

Né varrebbe osservare che il debitore, liberato nei confronti del creditore, sarebbe pur sempre obbligato ex art. 1298 cod. civ. nei confronti del­l’assuntore, perché l’espromesso potrebbe subire, ugualmente, un pregiudizio dall’altrui adempimento. Ad esempio, qualora l’obbligato originario potesse eccepire la compensazione all’espromissario insolvente, il pagamento dell’assuntore po­trebbe nuocergli perché, pur trovandosi nell’impossibilità di ricevere la prestazione dall’espromissario, dovrebbe ugual­mente pagare all’ assuntore, suo creditore in via di regresso.

Stante l’unicità dell’ espromissione, la soluzione del pro­blema della tutela dell’interesse debitorio deve essere unitaria e rispettosa del principio della relatività degli effetti negoziali.

. In proposito, sembra che l’espromissione risenta della natura della delegazione perché, ex art. 1272 cod. civ., «senza dele­gazione» consente al terzo di assumere, verso il creditore, il debito altrui. Orbene, poiché la delegazione è caratterizzata dal c.d. iussum, l’espromissione si pone quale negozio gestorio con il quale, anche all’insaputa del debitore originario, il terzo assume il debito altrui. Tale effetto, realizzato al di fuori di una qualsivoglia attività rappresentativa, ex art. 1372 cod. civ., è di per sé inidoneo a produrre effetti in capo all’ espromesso che, al pari di quanto previsto in tema di mandato (art. 1399 cod. civ.) e di gestione di affari (art. 2032 cod. civ.), ha co­munque la possibilità di fare propri gli effetti del negozio da altri concluso.

Pertanto, poiché l’espromissione, privativa o cumulativa che sia, dando luogo ad una successione nel debi­to, incide sulla posizione del creditore e del debitore ne di­scende che entrambi debbono essere posti in grado di espri­mere il loro consenso alla vicenda in questione. Nei confronti del creditore il problema è di poco rilievo perché, ammetten­do che l’espromissione, oltre che per contratto, possa avveni­re anche per negozio unilaterale, all’ espromissario è comun­que riconosciuto il potere di rifiutare l’effetto attributivo.

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