Mediante il negozio fiduciario si attua il trasferimento – sorretto dalla causa fiduciae (cum amico: gestione; o, cum creditore: garanzia) – strumentale e temporaneo della proprietà di uno o più beni del fiduciante al fiduciario, con l’obbligo di gestire il bene e di ritrasferirlo o trasferirlo a un terzo beneficiario.
Si distingue dal negozio simulato in quanto nel primo è presente un vincolo che ha la funzione di regolare l’esercizio di una situazione reale attribuita per scopi diversi da quelli legislativamente previsti. L’Auricchio ha osservato che tra simulazione e fiducia esiste una continuità che esclude una differenza qualitativa delle due figure, comportando solo una diversa intensità della divergenza tra mezzi e scopi; diversamente il Cariota Ferrara ritiene che nel negozio simulato manchi la volontà che sussiste invece in quello fiduciario.
Si è discusso molto circa l’ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico di un negozio fiduciario.
Secondo il Grassetti è ammissibile in quanto l’effetto traslativo è giustificato dall’assunzione di obblighi da parte del fiduciario.
Secondo il Cariota Ferrara invece la causa fiduciae resta esterna al negozio traslativo, così questo finisce per essere esclusivamente informato da una causa astratta non ammissibile dal nostro ordinamento.
Secondo recenti teorie il negozio fiduciario può realizzarsi tramite figure alternative consentite dal nostro ordinamento, come il mandato. Tuttavia resta il dubbio, in quanto il mandato vale per singoli atti e non per una più complessa attività di gestione.
Più complesso è il problema dell’opponibilità nei confronti del terzo avente causa dal fiduciario che abbia trasferito in violazione degli obblighi assunti. Riteniamo che l’inopponibilità della causa fiduciae si fondi, da un lato, sul principio del numero chiuso dei diritti reali; dall’altro, sulla impossibilità di dare vita a patrimoni convenzionalmente separati (in violazione dell’art. 2740 c.c.).
La problematica del negozio fiduciario è stato recentemente riproposto a proposito dei trusts. I trusts sono atti dispositivi del diritto inglese con i quali il disponente (settlor) trasferisce un bene al fiduciario (trustee) il quale ne acquista il titolo legale a vantaggio di uno o più beneficiari che ne acquistano la proprietà equitativa (cioè tutelata dall’equity). Lo schema però può cambiare. E’ necessario precisare che:
1)     il diritto trasferito al trustee non può confondersi nel suo patrimonio perché il titolo non è equitativamente completo
2)     i trusts volontari non hanno carattere fiduciario in quanto non vi è alcun rapporto tra il disponente e il trustee. La vestitura del trasferimento del diritto dal disponente al trustee è l’affidamento, cioè la commissione di un diritto per realizzare certi scopi.
3)     Il richiamo all’equity come componente necessario dei trusts riflette aspetti di una ormai esperienza superata dal moderno diritto inglese che vede l’equity assorbita nella common law.
Adoperando concetti più vicini alla nostra esperienza giuridica, definiamo il trust come il negozio, a titolo oneroso o gratuito, che istituisce un programma della segregazione di una o più posizioni soggettive o di un complesso di posizioni soggettive unitariamente considerate (beni del trust), delle quali il disponente si spogli, trasferendole ad un terzo (trustee) o isolandole giuridicamente nel proprio patrimonio, per la tutela di interessi ritenuti meritevoli. Il negozio istitutivo è negozio unilaterale, recettizio quanto il trustee sia un soggetto diverso dal disponente. I beni del trust sono attribuiti al trustee mediante negozi dispositivi, tra vivi o mortis causa, la cui causa risiede nell’attuazione del negozio istitutivo.
Si è sostenuto (Lupoli) che con la ratifica della Convenzione dell’Aja – che ha per oggetto l’applicazione nel foro della legge regolatrice dei trusts – si è concesso al cittadino italiano la facoltà di stipulare i negozi previsti dall’art. 2 della Convenzione anche senza criteri di collegamento col nostro ordinamento. Questa posizione sembra contrastare con la regola di diritto internazionale privato relativa alla scelta del diritto applicabile, che presuppone l’esistenza di una fattispecie con collegamenti plurinazionali. Si è poi osservato (Castronovo) che nel nostro ordinamento la separazione patrimoniale, che caratterizza i beni del trust rispetto al patrimonio del trustee, non può essere conseguita da un atto di autonomia privata quale è il trust.