Il diritto canonico contiene due grandi tradizioni: quella Occidentale, la Chiesa latina, e quella Orientale, le Chiese sui iuris orientali cattoliche. Queste ultime sono state riconosciute in epoche diverse dalla suprema autorità della Chiesa cattolica. Da queste si distinguono le Chiese ortodosse, cioè quelle Chiese cristiane che non sono in comunione con la Chiesa cattolica, dalla quale si staccarono con lo scisma del 1054, dopo le reciproche scomuniche di papa Leone IX e del patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario. In realtà lo scisma fu il punto di arrivo di un processo di allontanamento iniziato già nel VII secolo, quando la Chiesa bizantina riunita nel concilio Trullano (691 – 692) emanò delle disposizioni che non furono recepite in Occidente. Inoltre influì la vicenda storico politica della divisione dell’impero romano nelle due espressioni d’Occidente e di Oriente, la prima destinata ad avere vita breve (crollo nel 476 d.C.) la seconda invece vita molto più lunga (crollo 1453).
La frantumazione dell’unità politica dell’impero romano divenuto cristiano poneva però in crisi l’idea che all’unico regno celeste dovesse corrispondere un unico regno terrestre, ma dal punto di vista pratico avviava i processi di riorganizzazione istituzionale e giuridico – politica tra le due realtà del sacro romano impero in Occidente e l’impero bizantino in Oriente. La Chiesa cattolica dunque esprime al proprio interno due tradizioni: la Chiesa latina, come organismo unitario e centralizzato, in Oriente una pluralità di Chiese ognuna delle quali si distingue per rito, cioè per patrimonio liturgico, teologico, spirituale e disciplinare. Nel lungo corso della storia determinate comunità di fedeli hanno strutturato un proprio modo di vivere ed esprimere la comune fede cristiana producendo di conseguenza un diritto canonico proprio.
Le tradizioni cui le ventuno Chiese cattoliche di rito orientale si riallacciano sono sostanzialmente cinque: Alessandrina, Antiochena, Costantinopolitana, Armena e Caldea. I riti si strutturano giuridicamente in Chiese dette sui iuris o autonome avente ciascuna il proprio diritto, questi diritti particolari trovano riferimento comune nel Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium promulgato da Giovanni Paolo II il primo ottobre 1990. Per capire il rapporto tra Chiesa latina e Chiese orientali richiamiamo alcuni documenti del Concilio Vaticano II. Ad esempio nel decreto Orientalium Ecclesiarum (1964) si dice che la Chiesa santa e cattolica si compone di fedeli, uniti nello Spirito Santo dalla stessa fede, dagli stessi sacramenti e dallo stesso governo. Nella costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium (1964) si dice che per divina provvidenza è avvenuto che varie Chiese, durante i secoli, si sono costituite in molti gruppi, i quali godono di una proprio disciplina, di un proprio uso liturgico, di un patrimonio teologico e spirituale proprio.
Le antiche Chiese patriarcali ne hanno generato altre che sono come loro figlie. Il rapporto tra unità e pluralismo ecclesiale è evidenziato dai due documenti dove si afferma che nella comunione ecclesiastica vi sono legittimamente delle Chiese particolari che godono di proprie tradizioni; nella loro particolarità esse sono tuttavia ugualmente affidate al pastorale governo del Romano Pontefice. La Chiesa cattolica universale nella propria unità si distingue in riti e quindi in Chiese sui iuris. All’interno di questo sistema il codex iuris canonici riguarda la sola Chiesa latina, il codex canonum ecclesiarum orentalium riguarda tutte e sole le Chiese orientali cattoliche.