La situazione attuale è caratterizzata dalla presenza di molteplici strumenti di verifica della giurisdizione. Le disposizioni sui conflitti, caratterizzate dall’attribuzione alla Corte di cassazione del compito di risolverli, costituiscono un innesto del codice di procedura civile.
Si ha difetto di giurisdizione quando il potere giurisdizionale su una data controversia appartiene ad un giudice facente parte di un ordine diverso da quello cui appartiene il giudice adito. Ad es. tra tribunale ordinario e Consiglio di Stato; tra Corte dei Conti e Consiglio di Stato.
Quindi il problema della giurisdizione si colloca a monte rispetto a quello relativo alla competenza. Tra gli strumenti di verifica della giurisdizione annoveriamo:
- Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della p.a. o dei giudici speciali può essere proposta in qualunque Stato e grado del processo ed è rilevabile anche d’ufficio.
- Il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, art. 9 c.p.a.: è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione, invece, è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che ha statuito sulla giurisdizione.
Il legislatore, quindi, individua sinteticamente due modalità per sollevare il difetto di giurisdizione:
1) la questione può essere sollevate mediante eccezione dalle stesse controparti, ovvero qualora nessuna delle parti sollevi l’eccezione, il difetto è rilevato d’ufficio dal giudice.
2) In entrambi i casi il giudice decide con sentenza con la quale affermerà la propria carenza di giurisdizione oppure affermerà la propria giurisdizione.
Art. 100 c.p.a. → avverso le sentenze dei TAR, che affermano o che negano la giurisdizione del giudice amministrativo, è ammesso il ricorso al Consiglio di Stato: la decisione del giudice d’appello poi è sempre ricorribile in Cassazione.
Molto importante, a riguardo, è stata la posizione della Cassazione, la quale ha affermato che se le parti non impugnano la sentenza o la impugnano ma non eccepiscono il difetto di giurisdizione realizzano un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire tale difetto e, quindi, si verifica il fenomeno dell’acquiescenza. Si forma, dunque, il giudicato implicito sulla giurisdizione.
L’incertezza sull’individuazione del giudice dotato di giurisdizione rischia di danneggiare notevolmente il privato, tenendo conto che l’ordinamento non prevedeva un meccanismo espresso che consentisse di conservare gli effetti della domanda proposta dinanzi ad un giudice che si è poi rivelato o dichiarato privo di giurisdizione.
Il meccanismo che evita la definizione solo il rito del processo, garantendo quindi al cittadino una risposta sul merito dell’azione, è la TRANSLATIO IUDICII che, fino a 2007, operava solo nel caso della competenza. Dopo l’intervento della Corte costituzionale, nel 2007, il legislatore si è fatto carico di disciplinare, in generale, i casi di trasmigrazione del processo e di sancire il superamento dell’incompatibilità tra giudici.
Il problema è sicuramente modesto allorquando si nega la giurisdizione del G.A. in favore del GIUDICE ORDINARIO perché l’azione dinanzi a quest’ultimo è soggetta al lungo termine di prescrizione del diritto. Diverso è il caso contrario posto che dinanzi al G.A. il termine ordinario per ricorrere è ben più breve.
Il Codice è intervenuto in materia, riprendendo ciò che è stato stabilito dalla legge n. 69/2009, art. 59: il giudice che dichiarare il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione.
La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione in sede di ricorso o di regolamento, è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo.
Entro il termine perentorio di 3 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza sulla giurisdizione la parte può riproporre la domanda al giudice indicato. In questo caso, le parti restano vincolate a tale indicazione e sono automaticamente fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato detto fin dall’instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni le decadenze intervenute.
L’inosservanza dei termini fissati per la riproposizione comporta l’estinzione del processo che è dichiarata anche d’ufficio alla prima udienza, e impedisce la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda.
L’art. 11 c.p.a. si occupa del problema con specifico riferimento alle trasmigrazioni verso e dal giudice amministrativo, confermando che il giudizio deve essere riassunto entro 3 mesi dal passaggio in giudicato delle sentenza sulla giurisdizione, e che la tempestiva riassunzione fa salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute.
Quando il giudizio è tempestivamente riproposto davanti al G.A., questo, alla prima udienza, può sollevare anche d’ufficio il conflitto di giurisdizione.
Nei giudizi riproposti avanti al giudice amministrativo il Codice prevede, a differenza della l. 69/2009, che:
– questo giudice può concedere la rimessione in termini per errore scusabile, ove ne ricorrono i presupposti con riguardo alle preclusioni e decadenze intervenute
– le prove raccolte davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomento di prova.
Il codice disciplina anche le misure cautelari che, viceversa la l. 69/2009 non regolava. Le misure cautelari perdono efficacia 30 gg. dopo la pubblicazione del provvedimento che dichiara il difetto di giurisdizione del giudice che le ha emanate: le parti possono riproporre le domande cautelari al giudice munito della giurisdizione.
- Intervenuta una pronuncia espressa sono poi proponibili, anche sotto il profilo della giurisdizione, le impugnazioni previste per quel tipo di sentenza. Con riferimento al giudice amministrativo, se la questione di giurisdizione rientra tra i motivi di appello, il giudice d’appello che riconosce il difetto della giurisdizione affermata dal Tar indica, se esistente, il giudice nazionale che ne è fornito. Se afferma la giurisdizione negata dal giudice di 1° grado, annullerà la decisione con rinvio al medesimo. Se ritiene legittima la statuizione del Tar relativamente alla giurisdizione, confermerà la sentenza e all’appellante soccombente non resterà che proporre ricorso alle sezioni unite della Cassazione.
- Il REGOLAMENTO PREVENTIVO DI GIURISDIZIONE: art. 10 c.p.a., che richiama l’art. 41 c.p.c. Il regolamento preventivo di giurisdizione è lo strumento rivolto ad ottenere la risoluzione preventiva di una questione di giurisdizione. In quanto preventivo è esperibile fino a che non sia stata emessa la decisione di merito di primo grado. Si tratta pertanto di un mezzo di natura non impugnatoria relativo a un caso di conflitto virtuale di giurisdizione, atteso che sulla medesima non si è ancora pronunciato alcun giudice. In sostanza, è una questione incidentale.
Sono incidentali quelle questioni che, poste nell’ambito di un giudizio, devono essere decise preliminarmente perché risolvono una questione, un incidente la cui risoluzione rileva ai fini della decisione finale pur non definendo la causa.
La particolarità è che essendo la questione rilevabile d’ufficio non vi è un termine per sollevarla. Vi è solo la preclusione rappresentata dalla remissione della causa a sentenza. Afferma l’art. 41 c.p.c. “finché la causa non è decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle sezioni unite della Corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione”.
L’art. 41 c.p.c. in realtà distingue due ipotesi, a seconda che la P.A. sia o meno parte in causa:
- parte in causa: la P.A. come qualsiasi altro soggetto può, finché la causa non è decisa nel merito in primo grado, presentare istanza alle Sezioni Unite della Cassazione perché risolvano la questione;
- se la P.A. non è parte in causa: ma solo interessata ad un giudizio che si svolge tra altri soggetti, allora essa potrà sollevare la questione, e chiedere alle Sezione unite, in ogni stato e grado del processo e finché la giurisdizione non sia affermata con sentenza passata in giudicato, che sia dichiarato il difetto di giurisdizione del G.A.
Quindi non esiste un termine per presentare regolamento di giurisdizione tranne la remissione della causa a sentenza.
Ai sensi dell’art. 41 c.p.c., il regolamento è proposto con ricorso, sottoscritto da un avvocato iscritto all’albo e munito di procura speciale a tal fine.
Il regolamento è notificato al domicilio eletto ossia quello che risulta dagli atti processuali; normalmente corrisponde allo studio dell’avvocato difensore. Avvenuta la notificazione del ricorso alle altre parti, una copia con le relazioni di notifica deve essere depositata presso la segreteria del TAR adito poiché in attesa della risoluzione della questione incidentale il processo pendente dovrà essere sospeso. Quindi:
- notifica del ricorso;
- deposito di una copia del ricorso alla cancelleria della Corte di Cassazione che deve decidere
- deposito di altra copia nella segreteria del TAR presso il quale pende il giudizio affinché il processo venga sospeso.
Legittimati attivamente a presentare il ricorso sono tutte le parti del processo, anche gli eventuali interventori. È chiaro che la questione non viene presentata dal ricorrente principale che è colui che ha promosso il ricorso principale individuando nel TAR adito il giudice avente giurisdizione. Quindi, solitamente, il regolamento è promosso dall’amministrazione resistente o dagli eventuali controinteressati.
L’eventuale declaratoria di difetto di giurisdizione implica delicati problemi applicativi relativi alla sorte degli effetti sostanziali e processuali prodottisi in conseguenza della proposizione della domanda innanzi al giudice avente la giurisdizione
→ art. 11 nuovo Codice: il giudice amministrativo, quando declina la propria giurisdizione, indica se esistente, il giudice nazionale che ne è fornito. Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riassunto innanzi al giudice indicato nella pronuncia d cui al primo comma, entro il termine perentorio di 3 mesi dal suo passaggio in giudicato.
I commi successivi dispongono poi che:
– quando il giudizio è tempestivamente riproposto davanti al giudice amministrativo, quest’ultimo, alla prima udienza, può sollevare anche d’ufficio il conflitto di giurisdizione;
– se in una controversia introdotta davanti ad altro giudice le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, investite della questione di giurisdizione, attribuiscono quest’ultima al giudice amministrativo, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, se il giudizio è riproposto dalla parte che vi ha interesse nel termine di 3 mesi dalla pubblicazione della decisione delle Sezioni Unite;
– nei giudizi riproposti, il giudice amministrativo può concedere la rimessione in termini per errore scusabile o ve ne ricorrano i presupposti;
– nel giudizio riproposto davanti al giudice amministrativo, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova;
– onde evitare un utilizzo dilatorio della questione di giurisdizione, il legislatore ha disposto che i provvedimenti cautelari perdono la loro efficacia 30 gg. dopo la pubblicazione del provvedimento che dichiara il difetto di giurisdizione del giudice che li ha pronunciati.
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In ogni stato e grado del processo, l’amministrazione che non sia parte in causa, in base all’art. 41 co. 2 c.p.c., può chiedere alle sezioni unite della cassazione che sia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge all’amministrazione, finché la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato.
Si tratta di un conflitto virtuale di attribuzioni che involge una questione di giurisdizione tra giudice e pubblica amministrazione. Il prefetto, organo amministrativo competente, con decreto motivato da notificare alle parti e al pm eleva il conflitto.
Il giudizio viene sospeso dal capo dell’ufficio giudiziario dinanzi al quale pende il processo su istanza del pm, che è tenuto notificare alle parti il decreto di sospensione entro 10 giorni.
Se nessuna delle parti in causa provvede entro 30 giorni dalla notificazione del decreto a presentare il ricorso alla Corte di cassazione per il regolamento del conflitto, la causa si estingue.
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È ammesso il ricorso per Cassazione contro le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado dal giudice ordinario per motivi attinenti alla giurisdizione, purché non si sia formato il giudicato, anche implicito, sulla questione di giurisdizione.
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È previsto il ricorso per Cassazione contro le sentenze di un giudice speciale in unico grado o in grado di appello per motivi attinenti alla giurisdizione purché non si sia formato il giudicato, anche implicito, sulla questione di giurisdizione.
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È ammesso il ricorso per Cassazione in ogni tempo, quindi anche indipendentemente dalla circostanza che una delle due pronunce sia passata in giudicato, in caso di conflitti reali positivi e negativi tra giudici speciali, ovvero tra questi e il giudice ordinario.
Le questioni di giurisdizione, secondo l’elaborazione giurisprudenziale della Corte di cassazione, attengono:
– all’invasione della sfera dell’altrui giurisdizione: superamento del limite interno di giurisdizione
– all’eccesso di potere giurisdizionale: sconfinamento nella sfera dei poteri spettanti organi amministrativi, legislative costituzionali
Nell’ultima ipotesi rientra anche il superamento del limite esterno di giurisdizione che si realizza quando il giudice sindaca ambiti coperti da riserva di amministrazione.
È configurato dalla giurisprudenza come un autonomo motivo inerente alla giurisdizione l’esercizio della giurisdizione di merito al di fuori dei casi in cui essa è tassativamente prevista.
Viene prospettata come autonoma questione di giurisdizione relativa al superamento del limite esterno di giurisdizione, in termini di difetto assoluto, anche l’improponibilità assoluta della domanda, cioè la questione dell’insussistenza in astratto di una situazione tutelata in capo al ricorrente. Si tratta dell’ipotesi in cui manca la giurisdizione perché la domanda si fonda su una situazione che non riceve tutela.