L’idea fondamentale che sta alla base dei diritti di libertà è quella dell’uguaglianza di tutti gli uomini. Tuttavia una società di uguali non potrebbe reggersi se non ci fosse un sistema di coordinamento o un ordinamento che consenta la esplicazione delle diverse libertà non solo senza conflitti fra di loro ma per il conseguimento di un bene comune.
Un siffatto principio è sempre esistito e un tale ordinamenti è stato sempre polarizzato soggettivamente nel sovrano o nei rappresentanti della comunità.
Solo in tempi più recenti è apparso necessario riconoscere una disaggregazione dei due momenti: da un lato quello soggettivo da cui l’ordinamento proviene e a cui esso fa capo e dall’altro l’ordinamento stesso.
Nel periodo storico si vede attuare questa disaggregazione perché mentre continuano a sussistere gli stati nei quali è presente sia la persona fisica o quella giuridica titolare dell’ordinamento (cioè il sovrano o lo stato come persona giuridica detentrice della sovranità), in Europa ha preso vita un ordinamento sovrano che senza assumere i caratteri della personalizzazione, si presenta ugualmente come centro di raccordo ordinatore di tutte le libertà.
Nell’esperienza europea esistono:
- stati dove l’ordinamento è personalizzato à si è in presenza di un ordinamento soggettivato (i singoli stati che compongono l’unione europea)
- stati dove l’ordinamento è impersonale o oggettivo à si è in presenza di un ordinamento oggettivato (unione europea).
Tuttavia la natura di questi due modelli comporta che in entrambi i tipi sussista un potere che, provenendo dai consociati, fondi e origini la necessaria armonizzazione delle libertà individuali e questo potere è denominato sovrano perché, all’interno della società che lo origina, non vi è alcuna autorità che possa imporsi.
L’ordinamento di una comunità di uguali postula l’esistenza di una condizione giuridica che viene chiamata SOVRANITA’ e la cui esistenza e la cui forma ordinamentale non dipende da nessun’altra.
È sovrano non solo ogni ordinamento che non dipende da nessun altro, ma ogni ordinamento che può imporsi ad ogni altro, i cui atti cioè non possono essere modificati e si impongono per ciò a tutti coloro cui l’ordinamento sovrano si dirige.
Oggi è stato la società dotata di sovranità, cioè di autorità originaria.
Nel nostro sistema abbiamo un duplice principio e cioè quello della sovranità soggettiva e oggettiva.
Che lo stato italiano sia soggetto sovrano è assolutamente fuori discussione perché esso è superiorem non recognosens e in questo senso è soggetto originario, ma esso stesso si trova inserito nell’ordinamento repubblicano sovrano il quale è dato oltre che dalla costituzione anche da tutti gli ordinamenti giuridici che abbiano la caratteristica della originarietà.
Così la legislazione statale da luogo ad un ordinamento originario che non dipende da nessun altro.
Facendo però attenzione si vedrà che anche l’ordinamento delle regioni nelle materie in cui hanno potestà legislativa non è soggetto ad alcun altro ordinamento e assume la qualità esso stesso di ordinamento sovrano.
L’opinione vale sia per le regioni a statuto autonomo sia a statuto ordinario dove per esse l’art 117(Art. 117. – La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull’istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali
di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;
s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato”.)
precisa che la loro potestà legislativa deve rimanere nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello stato, ma tali leggi dello stato non riguardano la soddisfazione degli interessi della persona giuridica – stato ma quelli dell’ordinamenti repubblicano oggettivo, rispetto al quale lo stato si pone come ente esponenziale.
L’ultimo comma dell’art 117 stabilisce che le leggi della Repubblica possono demandare alla regione il potere di emanare norme per la loro attuazione, chiarendo così che le leggi sono della repubblica e lo stato ha solo la funzione di garantire l’osservanza.
Quindi à la sovranità è da noi ripartita in senso oggettivo tra l’ordinamento statale, l’ordinamento regionale e l’ordinamento repubblicano formato dalle norme costituzionali.
Una tale sovranità oggettiva o dell’ordinamento presuppone l’esistenza di uno o più soggetti che possono farla valere. Le regioni hanno questa capacità quando sollevino conflitti di attribuzione con lo stato o quando ne impugnino direttamente le leggi dinanzi alla corte costituzionale.
Ma allo stato è riservata una posizione comunque di preminenza non solo in quanto viene considerato come l’unico soggetto rappresentativo della repubblica ma anche in quanto esso ha una posizione di garanzia dell’unità repubblicano che fa valere nei confronti dell’attività delle regioni.
Tutte le volte in cui lo stato interviene con suoi organi ad esercitare il controllo nei confronti di attività regionali esso agisce nella qualità di persona giuridica perseguente gli scopi dell’unità e indivisibilità repubblicana quale è statuita dall’art. 5 della costituzione.
Queste particolarità fanno si che la nostra repubblica non possa considerarsi come uno stato federale nel quale la sovranità degli stati federati non ha rapporto con la sovranità dello stato federale nelle materie ad essi spettanti, ma come uno stato regionale nel senso che le sovranità ordinamentali delle regioni sono coordinate alla costituzione con una attività dello stato che è funzione di controllo e garanzia non nel proprio interesse ma per gli interessi generali della repubblica.
La sovranità oggettiva delle regioni non sembra comportare una loro sovranità soggettiva come è invece negli stati federati.
Le regioni nel nostro ordinamento repubblicano non assurgono alla qualità di stati sovrani.
Da tutto questo appare che convivono nell’ordinamento repubblicano due ordinamenti sovrani autosufficienti e in questo senso va interpretata la definizione costituzionale delle regioni come enti autonomi dove l’autonomia consistendo in “propri poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla costituzione” si manifesta di carattere diverso da quella autonomia che l’art. 128 (articolo abrogato nel 2001 con legge 3/01) attribuisce alle province e ai comuni e che sussiste non più perché fatta di poteri e funzioni ma perché può esplicarsi “nell’ambito dei principi fissati da leggi generali della repubblica che ne determinano le funzioni”.
Perciò nelle materie spettanti alla legislazione dello stato la regione si pone come un soggetto sottoposto a quell’ordinamento, ma nelle materie spettanti in via esclusiva o meno alla legislazione regionali anche lo stato – persona giuridica vi è inevitabilmente sottoposto.
Le regioni non sono sovrani come soggetti ma lo sono solo come ordinamenti nei limiti per esse stabilità dalla costituzione.
Nella repubblica la sovranità viene ad essere divisa tra soggetti ed ordinamenti ma è da escludere che rispetto ad essa i singoli siano soltanto oggetto di dominio e non anche soggetti di diritti: nella quale situazione viene a superato ogni modello di stato n on solo assoluto e patrimoniale ma anche di polizia ed emerge il modello di stato che si chiama stato di diritto.
Questa espressione significa che il riconoscimento ai singoli di diritti pubblici soggettivi comporta necessariamente che in esso i soggetti giuridici detentori della sovranità agiscano sempre nell’ambito del diritto obiettivo.
Una distinzione più attuale trova oggi però il suo punto di forza nella capacità degli individui di concorrere alla posizione e all’attuazione dell’ordinamento.
Questa capacità si esprime in termini sociologici con il concetto di solidarietà e in termini giuridici con il concetto di partecipazione.
Quando in un ordinamento giuridico è riconosciuta al singolo la capacità di concorrere nella determinazione dell’ordinamento stesso nelle sue varie manifestazioni, lo stato che ne deriva appare come stato sociale e viene denominato come demarchia.
La democrazia è solo il primo gradino nella considerazione dei singoli nell’ambito dell’ordinamento e si realizza mediante la effettività della difesa delle libertà individuali garantite avanti giudici indipendenti e mediante forme di presenze rappresentative della volontà popolare.
La demarchia consiste in un ulteriore arricchimento della possibilità dei singoli in quanto chiamati a collaborare all’esercizio dei poteri nel momento stesso in cui questi sono attivati ed è il caso della partecipazione all’esercizio della funzione legislativa o di quella giurisdizionale e della partecipazione al procedimento di formazione degli atti delle amministrazioni.