Il tema del potere discrezionale degli apparati amministrativi evoca la problematica del primato della legge e della riserva di amministrazione. Il problema non si può semplicisticamente risolvere alla luce dell’articolo 97 Cost., sia perché questo non fonda in alcun modo una sicura riserva di amministrazione, sia perché la discrezionalità amministrativa in senso stretto è un altro concetto (costituisce la misura dell’agire amministrativo concreto, nell’attività di bilanciamento fra gli interessi in gioco) che presuppone risolto il problema del rapporto fra legge e regolamento. Innanzitutto l’esercizio del potere discrezionale è in qualche misura una manifestazione della funzione di interpretazione delle norme da parte delle amministrazioni pubbliche.
Basti pensare che nello stato sociale di diritto, in cui la costituzione ha il ruolo di stigmatizzare determinati valori per orientare e delimitare l’indirizzo politico-legislativo, in realtà il legislatore riesce ad aggirare il vincolo posto dal costituente al fine di relativizzare quei valori per meglio adattarli alla realtà fattuale. In questo contesto si inserisce anche il potere discrezionale delle amministrazioni pubbliche che ha il ruolo di selezionare e ordinare in chiave gerarchica gli interessi di cui occorre assicurare il riconoscimento e la protezione.
Dunque le politiche dell’amministrazione hanno il compito di concretizzare e di gestire in maniera effettiva gli interessi pubblici e privati declinati dalle carte costituzionali.