Gli Stati moderni, nel corso di un processo che è stato avviato cinque secoli fa (in Francia, in Spagna e in Gran Bretagna), hanno assorbito compiti che, per tutto il medioevo, erano stati svolti dalle collettività minori (i comuni); nel corso di questo processo la funzione normativa si è staccata da quella amministrativa ed è venuta a far capo ai parlamenti e ai governi; mentre per la cura in concreto degli interessi pubblici sono stati creati, all’ interno dello Stato, appositi apparati (i ministeri) incaricati ciascuno di un particolare compito (l’ ordine pubblico, la difesa esterna, la riscossione dei tributi, le opere pubbliche, etc.); col tempo, però, la struttura ministeriale è apparsa inadeguata per lo svolgimento di alcune funzioni che richiedevano un’ azione più spedita; ed è per questo motivo che nel secondo dopoguerra alcuni Stati europei hanno assunto una forma federale (Germania e Austria), mentre altri (come l’ Italia) hanno assunto una forma regionale: cosicché, al di sotto dello Stato sono state create unità politiche minori (come le regioni), le quali riproducono, in qualche modo, lo schema statuale (ai ministeri corrispondono, infatti, gli assessorati e al Parlamento i consigli regionali).
In ogni caso, occorre sottolineare che le comunità minori (comuni e province), pur avendo perso molte funzioni (transitate, almeno a livello normativo, allo Stato o alla regione), hanno comunque continuato ad esprimere un’ inesauribile vitalità; tant’è vero che, negli anni più recenti, il loro ruolo è cresciuto enormemente a causa di una sempre più ampia domanda di prestazioni pubbliche da parte dei cittadini (prestazioni che lo Stato non riesce più a fronteggiare da solo e, quindi, tende a scaricare verso il basso: verso, cioè, le istituzioni locali, in quanto più vicine ai cittadini).
In Italia, però, l’ accresciuta complessità di questo quadro organizzativo ha richiesto un intervento costituzionale, allo scopo di stabilire alcuni criteri di distribuzione delle funzioni.
Innanzitutto, è necessario premettere che, in ossequio al principio di legalità, le funzioni amministrative seguono le funzioni legislative: in altri termini, in un ordinamento come il nostro, in cui la funzione legislativa è suddivisa tra lo Stato e le regioni, si può dire, in linea di massima, che il titolare della potestà legislativa è anche titolare della potestà amministrativa. Ora, poiché l’ art. 117 Cost. (nella versione risultante dalla modifica attuata con l. cost. 3/01) prevede tre specie di potestà legislativa [la potestà legislativa esclusiva dello Stato nelle materie elencate nel comma 2; la potestà legislativa concorrente dello Stato e delle regioni nelle materie elencate nel comma 3; e la potestà residuale (o esclusiva) delle regioni nelle materie non espressamente riservate allo Stato (comma 4)] se ne deduce che: lo Stato esercita funzioni amministrative nelle materie assegnate alla sua potestà legislativa esclusiva; le regioni nelle materie di competenza residuale; ed entrambi nelle materie devolute alla competenza legislativa concorrente.
Questa regola del parallelismo tra funzioni legislative e funzioni amministrative, che era espressamente sancita dall’ art. 118 Cost. (nella sua versione originaria), ha subìto, con la modifica costituzionale del 2001, temperamenti e deroghe:
stabilisce, infatti, il nuovo art. 118 Cost. che le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni, salvo che, per assicurarne l’ esercizio unitario, siano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
Questa competenza amministrativa riservata agli enti locali (ed in primis ai comuni) si giustifica soprattutto alla luce del fondamentale principio di autonomia: autonomia che la Repubblica (all’ art. 5 Cost.) riconosce e promuove, anche perché essa è costituita dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane e dalle regioni, oltre che dallo Stato (art. 114 Cost.); in particolare, la nuova formulazione dell’ art. 114, introdotta dalla L. cost. 3/01, intende enfatizzare due cose: la prima è che gli enti sopra citati non sono delle semplici articolazioni territoriali, ma elemento costitutivo della Repubblica; la seconda è che la conta, per così dire, comincia dal basso, vale a dire dai comuni per arrivare allo Stato.