Il primo punto da porre in immediata evidenza è che il nostro ordinamento è ispirato al principio del pluralismo amministrativo. L’art. 5 della costituzione dispone che la repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.
In base a questa disposizione di principio si deve ammettere che la PA non è funzione esclusiva della persona giuridica dello stato ma che essa viene esplicata anche da altri enti pubblici ai quali viene non soltanto attribuita ma riconosciuta la qualità di soggetti di pubblica amministrazione.
Ciò vale in primo luogo per le regioni.
Nel nostro ordinamento esiste un pluralismo amministrativo nel senso che più sono gli enti ai quali è riconosciuto il potere di amministrare.
Nei tempi piĂą recenti si assiste ad una tendenza ad aumentare la quantitĂ delle funzioni attribuite ex novo ad enti diversi dallo stato o a questi sottratte al quale secondo un fenomeno cui corrisponde il concetto di deconcentrazione (trasferimento di capacitĂ da un ente ad un altro).
Il problema dei rapporti che intercorrono tra lo stato e gli altri enti pubblici, nell’ambito dell’ordinamento amministrativo può essere visto sotto due aspetti e precisamente o come relazione tra i soggetti o come relazione tra la loro attività .
Sotto il primo punto basterĂ dire che i soggetti di Pubblica Amministrazione sono tra loro indipendenti. Tuttavia la stessa coordinazione, che deve sussistere nella loro attivitĂ , comporta che si instaurino delle relazioni anche tra le organizzazioni.
Perciò vige il principio di autogoverno secondo il quale spetta all’ente di designare i propri organi e le persone che dovranno soggettivarli. Tale principio si estende agli organi elettivi per gli enti a base corporativa (elezioni regionali, provinciali e comunali) e per gli altri si restringe invece ai soli organi burocratici a meno che negli enti a base istituzionali, gli organi non burocratici siano designati da soggetti estranei quali lo stato, gli enti locali o gli enti finanziatori o controllori (corte dei conti).
Questo principio patisce però molte eccezioni. Così costituisce un’eccezione il sistema introdotto dal passato regime autoritario e centralista e tuttora conservato, secondo cui i segretari delle province, comuni che sono i funzionari più elevati di quegli enti, non sono loro dipendenti bensì dipendenti dello stato.
Molto più comprensibile è l’eccezione costituita dal potere, attribuito allo stato di sciogliere le amministrazioni elettive quando essere non siano più in grado di funzionare per sostituirle temporaneamente con commissari straordinari.
Anche dal punto di vista delle relazioni tra le attività dello stato e degli enti pubblici come persone giuridiche, l’unica cosa che si potrebbe dire è che non vi è nessun collegamento tra loro, ognuna essendo infatti espressione di un soggetto giuridico indipendente.
In alcuni ordinamenti, nei quali il fenomeno dell’accentramento non ha avuto modo di manifestarsi (USA) non vi è alcun collegamento tra stato ed enti pubblici, bastando, ad assicurare una uniformità di criteri ispiratori delle loro attività , la provenienza mediante elezioni, degli organi di quegli enti dal popolo o mediante nomina dallo stesso partito che ha conquistato il potere di governo.
In quegli ordinamenti invece nei quali per effetto di un previo fenomeno di accentramento, il pluralismo amministrativo non ha la sua ragione di essere naturale e storica ed è un espediente di deconcentrazione di compiti già appartenenti allo stato, questo è naturalmente restio a disinteressarsi completamente della loro attività . E così pur riconoscendo a quegli enti piena capacità di agire, tuttavia si riserva il diritto di sorvegliare la loro attività o addirittura di controllarne i singoli atti.
Ma deve essere chiaro che esso agisce in questo caso come ente esponenziale dell’ordinamento repubblicano e non per soddisfare interessi propri.
Ciò posto conviene distinguere tra i vari interventi di coordinamento:
- il primo è la SORVEGLIANZA la quale si esplica o mediante ispezioni o inchieste di organi statali (forma ispettiva) o mediante la sostituzione di organi degli enti pubblici con organi statali (forma sostitutiva) o mediante la richiesta o l’obbligo dell’invio di atti o di relazioni periodiche sull’attività dell’ente (forma supervisiva)
- la seconda forma, il CONTROLLO, è più penetrante e si esplica o mediante un sindacato circa la corrispondenza del singolo atto alle norme legislative formali o sostanziali (controllo di legittimità ) o mediante un sindacato circa la corrispondenza del singolo atto allo stesso interesse dell’ente (controllo di merito). Questa ultima forma comprime la facoltà di autodeterminazione.
Passando all’aspetto dinamico e cioè alle relazioni tra le rispettive autorità degli enti sovraordinati (stato e regioni) e tutti gli enti dotati di autonomia pubblica, occorre evidenziare un nuovo principio che recentemente tende ad emergere rispetto a quelli noti della libertà , eguaglianza e solidarietà .
Quest’ultimo principio riguarda i rapporti paritari tra cittadini e coni vari livelli di autorità ed è solennemente espresso nei primi 4 articoli della costituzione.
Ma lo stesso principio va visto anche nei rapporti che si potrebbero definire su scale verticali e che emerge dal successiva articolo 5: il PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’.
L’origine teorica di questo principio viene da molto lontano e si potrebbe facilmente richiamare il pensiero di Aristotele, quello di Altusio e di S. Tommaso d’Aquino i quali hanno prefigurato una funzione della autorità diretta a sostenere l’azione di quanti agiscono nel suo ambito.
Un tale principio è stato affermato nel magistero pontificio a partire dalla enciclica Quadragesimo anno di papa Pio XI e fu ribadita nella Centesimus annus di papa Giovanni Paolo II del 1991.
Il principio di sussidiarietà si ricollega alla concezione che pone a base della società la libertà e l’uguaglianza degli individui e assegna alla autorità un compito integrativo e di sostegno nei confronti della esplicazione della loro responsabilità .
Sul piano civile il principio è emerso con particolare forza nel contesto della CE e ha trovato la sua formulazione nell’art 3 del trattato dell’UE dove è sancito come principio fondamentale dell’ordinamento comunitario affermandosi che la comunità interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli stati membri e possono dunque a motivo delle dimensioni e degli effetti dell’azione in questione essere realizzati meglio a livello comunitario.
L’introduzione e l’attuazione di questo principio vanno viste non soltanto come un espediente di tipo efficientistico o come un espediente di tipo limitativo dell’azione dei vari livelli sovraordinati ma come un rovesciamento della prospettiva in cui essi vanno collocati.
Il principio di sussidiarietà pone come elementi fondamentali della società i livelli sott’ordinati perché ad essi spetta di determinare il quantum della loro azione e solo sulla base di questa determinazione può intervenire il sostegno appunto sussidiario dei livelli sovraordinati.
Questo principio è la manifestazione definitiva di quel rovesciamento di prospettiva nel quale si è tentato di evidenziare come la base di tutto l’ordinamento vada riveduta nei diritti di libertà dei singoli, cittadini o enti, quali momenti determinativi e limitativi dei diritti e poteri delle autorità sovrane o comunque dotati di poteri di impero.
In questa nuova concezione è possibile allora dare anche una lettura non soltanto statica ma dinamica dell’art 5 sottolineando il fatto che quando si afferma che la repubblica riconosce e promuove le autonomie locali e adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia si pone a base di tutto l’ordinamento il principio dell’autonomia e cioè delle libertà individuali e collettive rispetto alle quali la repubblica deve adeguare la propria legislazione e promuoverne la realizzazione, ispirandosi a quel principio di sussidiarietà che emerge come regola fondamentale che deve ormai reggere la nostra società politica e civile.