Si considera come vizio di merito una inesatta prospettazione dell’utilità di un provvedimento rispetto ai fini che l’amministrazione vuol conseguire o concerne l’inopportunità dell’adozione di un provvedimento.
Il vizio di merito non attiene alla produzione dell’atto: esso sta fuori sia dalla competenza che dalla causa che dalla forma e cioè da tutte quelle norme giuridiche che lo concernono. Si potrebbe dire che il vizio di merito non attiene alla legittimità ma ad una categoria diversa che è infatti definita come opportunità dell’atto.
Questa categoria è riconducibile ai concetti dell’invalidità tutte le volte che essa consenta un sindacato, appunto di merito, sull’atto.
Si è sempre creduto che il vizio di merito non fosse un vizio attinente alla legittimità degli atti amministrativi e ciò era ammissibile quando al cittadino era precluso di sindacare gli atti della amministrazione sotto il profilo della loro opportunità.
Ma si vedrà che quello che si chiama vizio di opportunità è nulla più che un vizio che attiene al rapporto di proporzione che vi deve essere tra fattispecie astratta e fattispecie reale.
Quando l’amministrazione compie un errore di valutazione della fattispecie reale, il suo risultato è che l’atto non raggiunge quei ritorni che dovrebbe dare secondo la previsione della fattispecie astratta e cioè secondo le ragioni per cui all’amministrazione è dato di esercitare quel potere.
Si comprende come il vizio di merito non costituisca se non una categoria di vizi di violazione di legge che è sottratta al generale sindacato da parte del cittadino.
Il cosiddetto vizio di merito altro non è se non la violazione di quei principi di economia e di efficienza che ormai costituiscono principi costituzionali dell’agire amministrativo.
I vizi di merito sono una categoria specifica di vizi di legittimità i quali nell’ordinamento vigente sono sottratti al sindacato del giudice amministrativo e ai relativi ricorsi (salvo per casi specificamente indicati).
La pratica ha contrabbandato i vizi di merito come vizi di eccesso di potere, ritenendosi che un prodotto inopportuno comporti vizio della causa e perciò eccesso per sviamento di potere o sotto la etichetta sintomatica della manifesta ingiustizia.
Il sotterfugio della prassi ha allora consentito un sindacato anche sui vizi di merito ma la giurisprudenza è sempre stata molto attenta a non permettere sconfinamenti che la legislazione sulla giurisdizione amministrativa e quindi sulla sindacabilità degli atti amministrativi voleva escludere. Oggi vi è da chiedersi se la violazione dei principi di efficienza e di economicità in un atto amministrativo, non debba essere sindacata con la stessa ampiezza con cui è consentito il sindacato dei vizi di legittimità tradizionali quando ciò comporti violazione diretta, personale e attuale di un interesse del cittadino.