La grande innovazione portata dalla rivoluzione francese consistette in ciò che i diritti del cittadino furono non solo riconosciuti ma anche garantiti.

Si concepì un nuovo modello di stato di diritto e cioè stato sottoposto al diritto e pertanto contro i cui atti furono ammesse impugnazioni per ottenerne un sindacato giurisdizionale sulla validità.

Il nostro sistema di diritto amministrativo è incentrato sulla esplicazione di queste basi: non solo la legge disciplina il modo di agire delle autorità (principio di autorità) ma i cittadini possono chiedere ai tribunali di accertare se esse abbiano agito a loro danno, violando quelle leggi.

Tutto il diritto amministrativo si divide in 2 parti:

1)   quella del diritto sostanziale che attiene all’insieme delle norme che disciplinano l’agire della PA

2)   quella del diritto giustiziale che disciplina il diritto dei cittadini a ricorrere ai tribunali contro le violazione della legge à giustizia amministrativa.

L’ampliamento dell’interesse dei singoli all’attività pubblica oltre i tradizionali diritti politici ottocenteschi propone un nuovo tema nei rapporti di diritto pubblico. Si ritiene che la sola garanzia giurisdizionale che si esprime in una libertà garantita non sia più sufficiente a consentire una piena esplicazione della immedesimazione del cittadino con la società organizzata.

Se per un sistema democratico è inevitabile il riconoscimenti dal punto di vista attivo dei diritti politici, come manifestazione di quell’insieme fondato sulle libertà che si chiama sovranità e si afferma appartenere al popolo, tale sistema è limitato alle manifestazioni principali di una democrazia fondata sul principio rappresentativo. Nessuno di questi diritti politici da al cittadino la possibilità di intervenire direttamente: il cittadino concorre a determinare gli organi supremi che esercitano il potere legislativo e il potere esecutivo ma non gli è ancora riconosciuta quella libertà di agire direttamente nell’ambito dell’esercizio delle funzioni pubbliche.

In questi ultimi tempi sta avanzando una concezione più incisiva della democraticità dell’ordinamento e mentre per l’attività degli organi supremi di decisione politica come il parlamento e il governo non sarebbe certo possibile pensare ad una partecipazione diretta dei singoli, per quanto attiene all’attività legislativa già la costituzione prevede l’iniziativa popolare con il referendum abrogativo, mentre per l’attività degli organi giudiziari ed esecutivi occorre consentire che ad essa siano associati i cittadini. Nel nostro ordinamento questa associazione avviene nell’ambito dell’esercizio dei poteri giurisdizionali attraverso la giuria popolare e attraverso l’istituto del processo.

La costituzione oltre a ribadire il riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo si statuisce che questi diritti vengono proiettati nell’ambito di una concezione pluralistica e partecipativa della società.

Fondamentali sono gli articoli 3 (diritto di ognuno alla partecipazione all’organizzazione politica del paese) e 5 (promozione dei principi autonomistici).

 Art. 3  Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali dinanzi alla legge senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni sociali e personali.

 È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.

 Art. 5 La Repubblica unica e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.

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