Una classificazione delle decisioni amministrative può essere fatta assumendo come criterio differenziatore o il loro modo di agire come atti risolutivi di un conflitto o il loro contenuto.
Dal primo punto di vista si possono distinguere le decisioni a seconda che esse agiscano accertando un effetto costitutivo, sia poi che costituiscano (o estinguano) una posizione giuridica già estinta direttamente dalla legge o da un provvedimento amministrativo, sia che costituiscano una nuova posizione giuridica in conseguenza della violazione di un precetto imposto da una legge o di un provvedimento amministrativo.
Si parla perciò di decisioni dichiarative e di decisioni costitutive e queste ultime di distinguono in decisioni costitutive in senso stretto e in decisioni di condanna.
Anche le decisioni dichiarative sono dei provvedimenti: esse pur lasciando immutato lo stato di diritto preesistente tuttavia hanno un effetto costitutivo: ma questo non si esercita sull’oggetto della decisione bensì sulla posizione dei soggetti costituendo per l’uno il diritto e per l’altro l’obbligo di considerare valido l’atto impugnato.
Molto più complicata è la classificazione che tenga conto del contenuto delle decisioni e dei risultati pratici che da esse l’amministrazione si aspetta.
Sotto questo profilo bisogna distinguere a seconda che l’autotutela e le decisioni incidano direttamente sugli atti amministrativi o sui rapporti..
A loro volta che decisioni che incidono sugli atti vanno ricondotte a 3 gruppi fondamentali:
1. in primo luogo viene in rilievo l’autotutela spontanea che corrisponde agli atti con cui l’amministrazione decide sui propri provvedimenti agendo con poteri d’ufficio.
A questo genere appartengono le decisioni costitutive che risolvono un conflitto potenziale in senso sfavorevole per l’amministrazione. Poiché i provvedimenti amministrativi hanno l’efficacia di costituire o modificare o estinguere delle posizioni giuridiche, è evidente che la decisione che non riconosca l’invalidità, invertirà le posizioni giuridiche da essi prodotte, esplicando così un effetto costitutivo sullo stesso rapporto sostanziale sottostante.
Appartengono a questo gruppo le seguenti decisioni:
- l’annullamento con cui l’amministrazione pone nel nulla, con efficacia retroattiva (ex tunc) gli atti amministrativi illegittimi;
- la revoca con cui l’amministrazione pone nel nulla ugualmente con efficacia dal momento della loro sorgere, gli atti amministrativi inopportuni.
Per provvedere all’annullamento o alla revoca di un provvedimento in via di autotutela spontanea non basta la sussistenza di un vizio di legittimità o di merito ma si richiede la sussistenza e la dimostrazione di un interesse pubblico attuale all’eliminazione dell’atto.
L’autotutela spontanea può esercitarsi anche per eliminare atti nulli e cioè lesivi di diritto, nel quale caso l’atto di revoca assume un valore diverso da quello che gli è proprio quando è adottato per vizi di inopportunità originaria.
Per risolvere i conflitti potenziali l’amministrazione può usare anche altri due tipi di decisioni. Quando per ragioni sopravvenute un atto divenga inopportuno o un suo elemento vincolato si trovi a contrastare con una norma di legge e non di mera opportunità, l’amministrazione può provvedere alla sua rimozione, con efficacia dal momento in cui è sopravvenuto il motivo della rimozione (ex nunc) mediante due atti che si chiamano abrogazione e caducazione. Così la concessione di sfruttamento di una miniera può divenire inopportuna perché il suo esercizio diviene dannoso per l’ambiente o anche fonte di pericolo: in tal caso la concessione può essere abrogata.
Può avvenire però che muti la legislazione sulle miniere, modificando ad esempio i presupposti delle concessioni. In questo caso la concessione non diviene inopportuna ma essa contrasta con una norma di legge sopravvenuta e deve quindi essere caducata.
2. in secondo luogo viene in rilievo l’autotutela necessaria che corrisponde sostanzialmente al vasto campo dei controlli.
A questo gruppo appartengono:
- gli atti asserviti, quali le approvazioni, le omologazioni, i visti e le stesse autorizzazioni che costituiscono soltanto un esame anticipato sulla validità dell’atto sottoposto a controllo. Quando poi il controllo abbia esito negativo, allora le decisioni, ottenendo gli stessi risultati pratici dell’autotutela, non necessitano della dimostrazione della sussistenza di un interesse pubblico che si è visto essere richiesta nei casi di autotutela spontanea.
3. in terzo luogo dovrebbero venire in esame a questo riguardo, le decisioni dell’autotutela contenziosa che sono sempre atti di annullamento o di revoca.
Quando un soggetto estraneo all’amministrazione pone in essere un comportamento potenzialmente o attualmente difforme da una pretesa o da un attesa ex lege o da un provvedimenti dell’amministrazione, questa può intervenire per assicurare il loro soddisfacimento mediante l’autotutela sui rapporti.
A questa categoria appartengono le decisioni di condanna con le quali si soddisfa direttamente le pretesa o l’attesa dell’amministrazione. Vi si notano le decisioni su conflitto potenziale quali i provvedimenti cautelari e quelle su conflitto attuale in cui il singolo ha già contravvenuto alla pretesa o all’attesa dell’amministrazione.
Accanto alla categoria delle decisioni di condanna ci sono infine le sanzioni amministrative nelle quali la commisurazione di una misura svantaggiosa per il singolo non consegue lo scopo di assicurare la pretesa o l’attesa dell’amministrazione, ma agisce indirettamente per quello scopo, limitandosi a costituire un effetto dannoso per chi abbia posti in essere il comportamento vietato.
Tipiche sono le contravvenzioni che di solito sanzionano un comportamento che viola l’attesa dell’amministrazione e gli incameramenti di cauzioni quando non hanno carattere risarcitorio o tendano a far soddisfare una pretesa violata.