La Costituente, rendendosi conto del rapporto di diffidenza che intercorreva tra i partiti, fu più propensa a inserire nella Costituzione meccanismi per la legittimazione politica piuttosto che per la stabilità governativa. Il Governo dunque prese forma a partire da due elementi centrali:
- monocraticità, ovvero il fatto che i ministri sono nominati direttamente.
- responsabilità collegiale, che determina che la fiducia, tranne che in alcuni casi, coinvolga il governo in toto.
Il Governo della Repubblica, l’organo esecutivo di indirizzo politico, è composto dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri stessi (art. 92), cosa che tra l’altro sottolinea come il Presidente del Consiglio sia posto su un piano diverso rispetto agli altri ministri.
Sia il Presidente del Consiglio sia i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento al Presidente della Repubblica (art. 93), riconfermando il generico dovere di fedeltà attraverso un sostanziale richiamo ai doveri di cui parla l’art. 54. Dopo il giuramento, ma prima ancora di presentarsi alle Camere per ricevere la fiducia, entrambi assumono le loro complete funzioni, in modo tale che la fiducia viene a costituire una condizione non sospensiva, bensì risolutiva.