L’art 40 1° sembra concernere sia la condotta attiva che quella omissiva, con l’adozione di un criterio logico-naturalistico che trova il suo correttivo nel C.P.V. del 41. Ma il C.P.V. dell’art 40 fa sorgere una questione relativa al rapporto tra i 2 commi.

Omissione impropria. I reati di omissione impropria o reati commissivi mediante omissione sono quelli in cui la condotta omissiva segue un evento: esempio: infermiere che non da farmaco nel corso di una crisi di malattia di cui il paziente era affetto. Se il paziente muore, l’infermiere risponde di omicidio doloso se ha agito con intenzione, di omicidio colposo se nel suo comportamento si ravvisa negligenza. Questi reati si presentano secondo 2 schemi fondamentali: innanzitutto come fattispecie astratte in cui è contemplata espressamente una condotta di omissione impropria, ed è la stessa norma incriminatrice a prevedere direttamente una struttura di illecito commissivo mediante omissione. Se la condotta è attiva, il rapporto causale sarà regolato dalle disposizioni finora studiate. Se la condotta è omissiva e il fatto deriva da disastro o infortunio siamo di fronte a figura di reato commissivo con omissione, già previsto dalla norma incriminatrice. Da tale norma nasce l’obbligo a contenuto positivo: cioè quello di attivarsi per disporre le necessarie cautele per impedire infortuni sul lavoro.

Art 40 2° C.P. e 575. L’altro schema o modello secondo cui si possono atteggiare i reati commissivi mediante omissione è quello ex 575 e 40 2°. Ci si chiede se sia applicabile il solo 575 al caso del paziente morto per un attacco del male senza che l’infermiere gli avesse dato il farmaco necessario. Se non ci fosse il 40 2° (che equipara il non impedire al cagionare) non si potrebbe ritenere l’infermiere responsabile di omicidio in quanto cagionare vuol dire porre in atto una condizione positiva di un evento e l’infermiere non ha posto alcuna condizione.

In ambo le forme allora la struttura del comportamento omissivo è la stessa: una condotta che trasgredisce un obbligo a contenuto positivo cioè un obbligo di fare e non fa differenza che ciò discenda dalla stessa norma incriminatrice o da una fonte da questa richiamata che pone il dovere di attivarsi.

Pretesa diretta, causazione e omesso impedimento. Non si può condividere quell’ordine di idee per cui il 40 consentirebbe di individuare 2 tipi di reati commissivi con omissione: quelli di omissione causale (consistenti in una condotta omissiva causatrice dell’evento) (1°) e quelli consistenti in una condotta omissiva che si realizza nel non impedire un evento dannoso/pericoloso vietato dalla legge (2°). Questo punto di vista apparentemente conforme alla lettera della legge pone il problema di accertare l’esistenza di casi concreti in cui una condotta omissiva si possa ritenere produttiva di un certo evento. Se esempio: Tizio ha omesso di far funzionare gli ingranaggi di un macchinario e da ciò è derivato un disastro, vuol dire che la condotta omissiva è stata direttamente produttiva dell’evento. Ma la condotta tenuta dal soggetto agente non è stata conditio sine qua non dell’evento stesso. Definitivamente la relazione tra una condotta omissiva e un evento sorge sempre e solo in base ad un mancato impedimento e non alcune volte in base ad una diretta causazione e altre in base a un mancato impedimento.

Accertamento del rapporto tra condotta omissiva ed evento. Il rilievo che presenta il momento dell’accertamento consiglia di esaminare più da vicino come l’operazione in questione si svolga quando i termini tra cui deve intercorrere il rapporto causale siano una condotta omissiva e un evento. L’avvio si prende dalla verifica dei fattori positivi che hanno condotto all’evento: questo punto di partenza è comune sia alle fattispecie con obbligo di attivarsi posto direttamente dalla norma incriminatrice, quanto a quelle in cui detto obbligo discende ex 40 C.P.V. da una fonte cui la norma incriminatrice fa rinvio. Si passa poi all’individuazione dell’obbligo giuridico che imponeva di attivarsi per impedire il verificarsi dell’evento. Questa ricerca assume peculiare importanza ogni volta che si deve ricorrere all’equiparazione ex 40 tra cagionare e non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire. A questo punto occorre accertare se l’azione prescritta avrebbe impedito l’evento. Il secondo tempo del processo di accertamento pone il problema della natura dell’obbligo la violazione di cui condiziona la conseguenza di responsabilità: il legislatore esige che la possibilità di intervento sia consacrata in un obbligo giuridico preciso la cui fonte mediata è sempre la legge. La fonte immediata può esser diversa: una legge o qualsiasi fatto o atto giuridico che trovi nella legge il suo fondamento. Non è esatto dire che vi sarebbero dei comportamenti di fatto da cui nascerebbero obblighi giur, senza mediazione della legge o di altra fonte espressamente riconosciuta dalla legge con l’efficacia di produrre obblighi giur. Le vie da percorrere per escludere che un obbligo giuridico abbia la sua fonte solo nella precedente attività di fatto sono 2: per la prima la condotta rilevante non sarebbe costituita da un’omissione bensì da un’azione e ciò eviterebbe il ricorso all’art 40 2° C.P. perché la responsabilità deriverebbe direttamente da una condotta positiva (inaccettabile perchè non tiene conto dell’effettiva imputazione mossa verso il soggetto agente, così verremmo a imputare al soggetto il mancato adempimento di un obbligo a contenuto negativo ). Bisogna allora percorrere un’altra via: la norma da cui discende l’obbligo di attivarsi per impedire l’evento dannoso/pericoloso è quella del 2050 C.C.: essa non contempla il fenomeno per cui ad un’autorizzazione data dall’ordinamento a compiere certe attività si accompagna la sanzione per dati procurati, poiché la facoltizzazione ex 2050 riguarda solo il compimento dell’attività pericolosa fermo restando il dovere a contenuto positivo di adottare misure idonee ad evitare il danno. Di conseguenza il compimento dell’attività pericola di per se genera responsabilità e passando attraverso il 2050 la fonte della responsabilità è la trasgressione di un obbligo a contenuto positivo. Il terzo e ultimo momento dell’indagine verte sulla idoneità del comportamento imposto dall’obbligo a impedire il verificarsi dell’evento: il nesso di causalità omissione/evento viene escluso se l’adempimento dell’obbligo giuridico non avrebbe potuto avere nessuna efficacia impeditiva.

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