A una prima letta il 42 1° si dovrebbe interpretare nel senso che azione e omissione devono esser sorrette da un impulso volontario, ma dottrina/giurisprudenza concordano nel riconoscere la responsabilità per una serie di atti compiuti automaticamente dovuti a processi non passati nella zona lucida del cervello. Per dimostrare ciò alcuni hanno sostenuto che pur mancando coscienza e volontà relativamente all’ultimo atto, gli atti precedenti ad esso erano voluti dal soggetto agente: ma per Gallo gli atti precedenti non hanno alcuna rilevanza perchè la relazione di rappresentabilità e evitabilità in questo caso si attua su un atto compiuto meccanicamente, che è l’ultimo. Negare in questi casi la responsabilità per colpa vorrebbe quindi dire negare la responsabilità per la maggior parte di quelle che sono riconosciute come fattispecie colpose.
Riferibilità a coscienza e volontà. La coscienza/volontà della condotta nei reati dolosi è sempre costituita da un impulso crescente, nei reati colposi talvolta è affermata alla stregua di criteri psicologici talvolta alla stregua di criteri normativi d’imputazione. Ogni ordinamento sanziona comportamenti rientranti nei poteri di dominio e controllo del soggetto anche se non riferibili a coscienza/volontà. Le possibilità di dominio/controllo vengono meno in ogni caso in cui difetti l’elemento condizionante l’attualità dell’obbligo e quindi la sua violazione. Questo elemento discende dalla natura dell’”esser dovuto” e manca quando si verifica una causa di forza maggiore (45), cioè una forza che o rende indispensabile un atto della volontà rivolto a controllare/impedire la condotta (esempio: epilessia) ovvero rende irrealizzabile qualsiasi atto derivante dalla contraria volontà del soggetto agente (esempio: forza fisica a cui non ci si può opporre). Il concetto di atto volontario non è costituito solo dall’atto sorretto da un impulso volontario, ma anche dall’atto dominabile dalla volontà con l’esercizio dei suoi poteri di impulso/inibizione. Definitivamente l’atto cosciente e volontario e quell’atto rispetto cui può affermarsi la libertà (senza forza maggiore sia nel suo senso stretto cioè forza esterna che determina la persona in modo inevitabile, sia nel suo senso di risultato di una forza umana che determina la persona al compimento o all’omissione di un atto, ovvero come forza che rende completamente impensabile un atto di volontà diverso) del soggetto agente.
Accertamento della forza maggiore. Il giudice dovrà verificare se l’azione non sia stata compiuta in condizioni di forza maggiore. Se manca coscienza/volontà manca un fatto penalmente rilevante venendo meno la possibilità/utilità di indagare sul contenuto della volontà. Il giudice ex C.P.P. devo comportarsi come uno storico che mira ad accertare come sono andate le cose indipendentemente dagli asserti e prove offerti dalle parti: un criterio metodologico di indagine per il giudice sarà quello di scandagliare i dati processuali dall’esperienza di casi simili e se non emerge una situazione di forza maggiore, il giudice è legittimato a ritenere la libertà dell’azione. Il giudice avrà obbligo di motivazione.