Per gli atti compiuti in violazione dei limiti sopra indicati, il legislatore ha evitato di ricorrere alla sanzione della nullità. Gli acquisiti illegittimamente compiuti (in violazione dell’art. 2357 co. 1, 2 e 3), quindi, restano validi, ma le azioni così entrate nel patrimonio sociale devono essere alienate secondo le modalità da determinarsi dall’assemblea (art. 2357 co. 4). Se tale alienazione non avviene entro l’anno, le azioni devono essere annullate ed il capitale ridotto corrispondentemente. Qualora poi l’assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale, il quale, sentito il pubblico ministero, provvede con decreto in camera di consiglio.

Dato che la delibera non comporta alcun rimborso ai soci (riduzione nominale del capitale), l’annullamento delle azioni ha il difetto di poter rappresentare una perdita sia la società sia per i creditori. Tale misura, quindi, viene considerata come una extrema ratio, e si può ritenere che ne sia esclusa l’applicabilità in ogni caso in cui, prima della relativa delibera, si renda possibile l’alienazione delle azioni, sia pure oltre il termine dell’anno fissato dall’art. 2357.

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