Anticamente la materia commerciale non era sottoposta ad un diritto specifico, quanto piuttosto al diritto privato comune e infatti, nell’antica Roma, fin tanto che furono i pretori ad aggiornare il diritto in maniera tale da garantire le giuste tutele ai mercanti, questi non sentirono il bisogno di tutelarsi altrimenti. Quando però le invasioni barbariche introdussero ordinamenti primitivi e la Chiesa, con la sua pesante ingerenza, cominciò a condannare il credito ad interesse, i commercianti percepirono la necessità di tutelarsi, e dunque crearono le Arti o Corporazioni.
Queste Corporazioni avevano:
- un potere disciplinare nei confronti dei loro iscritti.
- un potere giudiziario sulle controversie tra loro nascenti, esercitato attraverso una giurisdizione speciale presieduta dai consoli, che sottraevano i mercanti dalle lungaggini del procedimento ordinario
Con il passare degli anni queste giurisdizioni speciali si arrogarono il diritto di decidere non solo delle controversie nascenti tra mercanti e privati, ma anche, in generale, di qualsiasi atto effettuato da un mercante.
La svolta decisiva si ebbe con l’introduzione del Codice di Commercio di Napoleone, con cui il diritto commerciale, da essere il diritto dei commercianti, divenne il diritto degli atti di commercio, che ormai erano tali a prescindere dalla qualifica delle parti e che non venivano più sottoposti alla giurisdizione dei consoli, eletti dagli stessi commercianti, ma a quella mercantile. A questo modello si ispirarono anche i tre codici di commercio alternatisi nel corso del XIX secolo che, attraverso una serie di norme delimitative, qualificavano una serie di operazione come atti commerciali.