L’ordinanza cautelare adottata dal collegio ha effetto fino alla sentenza che definisce quel grado di giudizio. Al processo amministrativo non si applica l’innovazione introdotta dall’art. 669 octies c.p.c., in base alle quali alcune misure cautelari concesse dal giudice civile conservano efficacia anche nel caso di estinzione del processo (strumentalità attenuata). Un’ultrattività della misura cautelare del giudice amministrativo è prevista solo nel caso in cui venga dichiarato il difetto di giurisdizione o di competenza. In questi casi l’ordinanza cautelare conserva i suoi effetti per un periodo di trenta giorni, tali da consentire alla parte di riassumere il processo avanti al giudice dotato di giurisdizione o di competenza.
L’ordinanza che provvede sull’istanza cautelare è passibile di revoca (o modifica) e, in caso di rigetto dell’istanza, di riproposizione su richiesta della parte che vi abbia interesse (art. 58). La revoca, in particolare, può essere proposta:
- qualora sopravvengano elementi nuovi, esterni rispetto al giudizio, ossia un mutamento della situazione di fatto (es. peggioramento delle condizioni economiche del ricorrente) o mutamento della situazione di diritto (es. dichiarazione di illegittimità costituzionale di una legge applicata dal giudice ai fini della sua pronuncia cautelare);
- qualora la parte venga a conoscenza solo successivamente all’ordinanza cautelare di fatti precedenti e rilevanti;
- qualora sussista una delle cause di revocazione previste dall’art. 395 c.p.c.
Nei confronti dell’ordinanza del Tar che decide sull’istanza cautelare è consentito l’appello al Consiglio di Stato (art. 62). A differenza dell’istanza di revoca, l’appello non è ammesso per fatti nuovi, ma solo per l’ingiustizia dell’ordinanza stessa (gravame). L’appello deve essere notificato entro trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza, oppure, in mancanza di notifica, entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione, e deve essere depositato entro trenta giorni dalla notifica. La decisione sull’appello cautelare è assunta dal Consiglio di Stato con ordinanza.
Fino alla l. n. 205 del 2000 l’appello nei confronti dell’ordinanza cautelare non era contemplato dalle disposizioni del processo amministrativo, ma era ugualmente ammesso da una giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo la quale l’ordinanza che provvede sulla richiesta di provvedimento cautelare sarebbe stata passibile di appello perché avrebbe avuto un carattere decisorio. Tale indirizzo ha trovato conferma nella Corte costituzionale che dichiarò illegittimo l’art. 5 della l. n. 1 del 1978 che escludeva l’appello contro le ordinanza cautelari emesse nei giudizi su provvedimenti in materia di opere pubbliche (sent. n. 8 del 1982). Il valore pratico del dibattito sul carattere decisorio delle ordinanze cautelari, tuttavia, è superato dall’espressa previsione dell’appellabilità di queste ordinanze (art. 62).