Nuove modificazioni sostanziali dell’assetto emersero a partire dai primi anni Novanta. Gli interventi legislativi, in particolare, furono riconducibili a due indirizzi:
- l’introduzione di discipline speciali, previste per assicurare uno svolgimento più rapido del processo amministrativo (es. diritto di accesso ai documenti amministrativi) o per migliorare l’efficienza dell’attività amministrativa (es. affidamento di appalti pubblici);
- la previsione di nuovi casi di giurisdizione esclusiva, ampliamento questo che rispondeva non solo all’esigenza di risolvere la problematica dipendente dalla devoluzione a giudici diversi della tutela dei diritti e degli interessi legittimi ma anche a quella di privilegiare il ruolo del giudice amministrativo nelle vertenze che risultassero più importanti per gli interessi della collettività. La tendenza ad estendere la giurisdizione esclusiva ricevette un particolare impulso in occasione della riforma del pubblico impiego: il d.lgs. n. 80 del 1998 (artt. 33 e 34) assegnò alla giurisdizione esclusiva le vertenze in materia di pubblici servizi e di edilizia e urbanistica, stabilendo che in tali materie il giudice amministrativo sarebbe stato competente anche per le domande di risarcimento del danno causato dall’amministrazione.
Di fronte ad interventi legislativi ricorrenti ma spesso frammentari si è affermata l’esigenza di riordinare la disciplina del processo amministrativo. In attuazione della delegata conferita al Governo è stato quindi emanato il d.lgs. n. 104 del 2010, con il quale sono stati approvati quattro allegati, il principale dei quali è il codice del processo amministrativo. Tale codice, pur accogliendo soprattutto esigenze di continuità con l’assetto precedente, ha introdotto alcune innovazioni sostanziali, non solo per rendere più razionale la disciplina, ma anche per ragioni più generali (es. tutela del contraddittorio). L’entrata in vigore del codice ha comportato l’abrogazione di quasi tutte le disposizioni precedenti sul processo amministrativo, tra le quali il testo unico sul Consiglio di Stato del 1924, il regolamento di procedura del 1907 e le disposizioni processuali della legge istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali.
Problemi aperti
Il carico di lavoro dei giudici amministrativi risulta ormai del tutto insostenibile, con conseguenze intollerabili anche sulla durata media del processo amministrativo. Tale profilo ha assunto un rilievo ancora maggiore con il riconoscimento nell’art. 111 Cost. del diritto alla ragionevole durata del processo. Il codice del processo amministrativo ha riproposto gli strumenti di accelerazione introdotti dalle normative precedenti (es. motivazione succinta). In altri Paesi sono stati valorizzati i mezzi alternativi di soluzione delle controversie con l’amministrazione, strumenti di carattere non giurisdizionale che seguono le logiche dell’autotutela amministrativa. Tali mezzi alternativi dovrebbero prevedere l’intervento di un soggetto qualificato, terzo rispetto alle parti in causa, che risolva la questione con metodi riconducibili alla mediazione o alla conciliazione.