La Convenzione di Vienna non avvalla interpretazioni unilateralistiche dei trattati. Sembra quindi da escludere che una norma contenuta in un trattato possa assumere significati diversi a seconda dello Stato contraente al quale debba applicarsi:
- l’art. 33, che nel caso di testi non concordanti redatti in più lingue ufficiali, impone un’interpretazione che comunque concili tutti i testi, rifiutando così la tesi secondo cui per ciascuno Stato varrebbe il testo redatto nella sua lingua;
- l’art. 31 par. 3, secondo cui, nell’interpretare un trattato, occorre anche tener conto di altre norme internazionali in vigore tra le parti. Tra queste altre norme , tuttavia, il par. 3 non include le norme di diritto interno. Tale omissione è assai significativa se si considera la tendenza ad interpretare in chiave unilateralistica trattati che adoperano termini tecnico-giuridici interni.
Contro tutte le tendenze che rinunciano a ricercare un significato unico per ogni clausola dell’accordo occorre reagire anche e soprattutto perché queste mal si conciliano con il concetto stesso di trattato, in quanto punto di incontro e di fusione della volontà degli Stati contraenti