Consiste nel fatto di chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende inservibili cose mobili o immobili altrui (art. 635 co. 1):
- il soggetto attivo è chiunque (reato comune);
- il soggetto passivo è il proprietario o chi ha il godimento della cosa;
- circa l’elemento oggettivo, la condotta consiste alternativamente ma tassativamente:
- nel distruggere la cosa, ossia nell’annientarla nella sua funzione strumentale di soddisfazione di bisogni umani, materiali o spirituali (es. demolizione, scasso);
- nel disperdere la cosa, ossia nel farla uscire dalla disponibilità del soggetto, in modo che egli non sia più in grado di recuperarla o possa recuperala soltanto con notevole difficoltà. In questo caso non occorre che la cosa sia intaccata nella sua essenza;
- nel deteriorare la cosa, ossia nel diminuire la sua funzione strumentale, pur lasciandola nella disponibilità del soggetto;
- nel rendere inservibile la cosa, ossia nel renderla inidonea a svolgere la propria funzione strumentale per un tempo giuridicamente apprezzabile (es. scomposizione di cose composte).
Trattasi di reato a forma libera, non richiedendo l’art. 635 che l’azione si articoli attraverso determinate modalità o mezzi tipici ed incentrandosi esso sulla sola azione causale dell’evento tipico. I delitti di danneggiamento, quindi, possono essere posti in essere sia in forma attiva sia in forma omissiva;
- circa l’elemento soggettivo, trattasi di reato a dolo generico, non richiedendo l’art. 635 alcun fine specifico, ma soltanto la coscienza e volontà di distruggere, disperdere, deteriorare o rendere inservibile la cosa altrui;
- l’oggetto materiale è l’altrui cosa, mobile o immobile;
- l’oggetto giuridico sono le relazioni di proprietà e godimento della cosa;
- l’evento naturalistico consiste nella distruzione, nella dispersione, nel deterioramento o nell’inservibilità della cosa;
- l’offesa è il danno patrimoniale realmente verificatosi e oggetto di concreto accertamento. Non costituisce reato il danneggiamento di cosa comune fungibile nei limiti della propria quota, per mancanza di danno patrimoniale ed in forza del principio di proporzionalità giuridica, perché il fatto più grave della sottrazione ed impossessamento di tale cosa non è punibile ex art. 627;
- la perfezione si ha nel tempo e nel luogo in cui si verifica l’evento della distruzione, dispersione, deterioramento o inservibilità della cosa. Risponde tuttavia di danneggiamento perfetto chi, volendo distruggere la cosa, riesce soltanto a deteriorarla. Il tentativo è configurabile, trattandosi di reato di evento, nelle forme di tentativo compiuto (es. immobilizzazione del soggetto che sta per sfregiare un quadro) o incompiuto (es. recupero della cosa gettata nel fiume prima che si deteriori).
Dato che l’art. 635 costituisce norma a più fattispecie e non disposizione a più norme, in caso di realizzazione congiunta di più ipotesi si ha un unico reato.
Il danneggiamento è aggravato, se il fatto è compiuto (art. 635 co. 2):
- con violenza alla persona o con minaccia, aggravante questa che richiede:
- la violenza persona o la minaccia, antecedente o concomitante;
- un rapporto strumentale tra vis e danneggiamento;
- il rispetto della distinzione tra estorsione, ove la vis deve essere utilizzata per carpire l’atto consensuale di disposizione dei valori patrimoniali (reato con cooperazione della vittima), e danneggiamento con violenza personale o minaccia, ove la vis deve essere rivolta a rendere possibile o ad agevolare l’aggressione immediatamente diretta sulla cosa, senza passare attraverso il suddetto atto dispositivo consensuale (reato di aggressione unilaterale);
- da datori di lavoro in occasione di serrate, o da lavoratori in occasione di sciopero, ovvero in occasione di alcune dei delitti preveduti dagli artt. 330, 331 e 333 c.p.
La Corte costituzionale (sent. n. 119 del 1970), tuttavia, ha dichiarato incostituzionale l’art. 635 n. 2 nella parte in cui prevedeva come aggravante il danneggiamento commesso da lavoratori in occasione di sciopero o da datori di lavoro in occasione di serrata, e questo in contrasto col principio di uguaglianza, dato il trattamento discriminatorio del lavoratore scioperante e del terzo non lavoratore che nella stessa situazione commetta danneggiamento. Quanto al danneggiamento in occasione del delitto dell’art. 331 (interruzione di un servizio pubblico), esso si verifica quando è commesso in occasione dell’interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità dai soggetti indicati in tale articolo;
- su edifici pubblici o destinati ad uso pubblico o (su edifici destinati) all’esercizio di un culto o su cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici, o su altre cose indicate dall’art. 625 n. 7.
Tale aggravante, quindi, richiede che si tratti:
- di edifici pubblici o destinati ad uso pubblico, ossia in proprietà o conduzione dello Stato o di altro ente pubblico o che servono a funzioni, servizi o comodità pubbliche;
- di edifici destinati all’esercizio di un culto, ossia quelli destinati all’esercizio della religione cattolica o di altra ammessa nello Stato;
- di cose di interesse storico o artistico ovunque ubicate, comprendenti le cose di particolare pregio archeologico, storico e artistico e gli immobili compresi nel perimetro dei centri storici;
- di cose indicate nell’art. 625 n. 7;
- sopra opere destinate all’irrigazione;
- sopra piante di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi, selve o foreste, ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento;
- sopra attrezzature o impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive, aggravante questa che rientra nelle nuove misure per la prevenzione e la repressione della violenza connessa alle competizioni calcistiche, introdotte dal d.l. n. 8 del 2007;
- da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l’esecuzione.
Circa i delicati rapporti tra danneggiamento e furto, i due reati presentano zone di attrito, anche e soprattutto perché il furto richiede non soltanto la sottrazione e l’impossessamento ma anche il fine di profitto. Limitatamente a queste zone di attrito, il criterio differenziale tra i due reati deve essere individuato nel fatto che:
- nel furto il profitto deve derivare direttamente dall’acquisto della cosa da parte del reo, essendo lo scopo della norma incriminatrice quello di proibire che altri si avvantaggino immettendo le cose altrui nel proprio patrimonio;
- nel danneggiamento l’eventuale profitto dell’agente deve derivare dalla mera perdita della cosa da parte della vittima, essendo lo scopo della norma incriminatrice quello di evitare che le cose siano poste in condizioni di non essere utilizzate da parte dell’avente diritto.
Tali problematiche si verificano soprattutto rispetto alla categoria di cose che, non avendo un indubbio valore economico, possono presentare una funzione strumentale per la vittima, ma nessuna utilità per il reo (es. chi per evitare la concorrenza della vendita di beni, sottrae la chiave della porta al gestore del negozio vicino).
Trattamento sanzionatorio: il danneggiamento è punito:
- a querela, con la reclusione fino a 1 anno e la multa fino a € 309;
- di ufficio, con la reclusione da 6 mesi a 3 anni nelle ipotesi aggravate di cui sopra;
- se non aggravato e di competenza del giudice di pace, con la pena pecuniaria da € 258 a 2582 e con la permanenza domiciliare da 6 a 30 giorni o col lavoro di pubblica utilità da 10 giorni a 3 mesi.