Ai sensi dell’art. 116 co. 1, il giudice valuta le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti . Mancando una definizione del concetto di prudente apprezzamento, la dottrina lo riconduce allo schema del sillogismo, un’attività logico-razionale con la quale il giudice applica ai fatti percepiti (es. fatti principali, fatti rappresentativi di fatti principali, fatti secondari) regole sulla cui base desumere i fatti principali da provare. Nella valutazione delle prove è necessario tenere conto che:
- al fine di valutare l’attendibilità della singola prova il giudice non applica quasi mai una sola regola, ma tende a rifarsi ad una serie di regole;
- dal momento che molteplici prove relative allo stesso fatto possono confliggere o concorrere, occorre individuare il risultato globale sulla base dell’ipotesi più probabile;
- dal momento che molteplici fatti secondari possono essere concorrenti o collidenti quanto alla deduzione del fatto principale ignoto, occorre rifarsi al risultato globale più probabile.
Si ha una certezza come risultato della prova solo in caso di applicazione di regole desunte dalle scienze esatte. Al contrario, negli altri casi il dubbio risulta ineliminabile, motivo per cui si tende a ritenere provato un fatto soltanto altamente probabile. Per individuare il grado ultimo necessario di probabilità, comunque, occorre rimettersi alla libertà, alla valutazione e alla volontà del giudice