Le azioni dirette sono quelle disciplinate dal codice civile agli artt. 1595 (locatore e subconduttore), 148 e 156 co. 6 (coniugi). Lo schema che ricorre in queste ipotesi può essere descritto nel seguente modo: A, creditore di una somma di denaro nei confronti di B, può chiedere a C terzo debitore di B di adempiere direttamente nei suoi confronti. Possiamo fare le seguenti osservazioni:
- a seguito della proposizione dell’azione diretta è dedotto in giudizio sia il rapporto A-B, rispetto al quale A è legittimato ordinario, sia il rapporto B-C, rispetto al quale A è legittimato straordinario;
- la domanda di A è diretta ad ottenere il trasferimento coattivo a suo favore del credito che B vanta contro C e, allo stesso tempo, la condanna a suo favore di C;
- il processo non solo accerta l’esistenza dei crediti A-B e B-C, ma assolve anche alla funzione esecutiva di trasferire ad A il credito che B vanta nei confronti di C e di condannare C a pagare A (azione cognitiva con funzione esecutiva);
- l’impossibilità di realizzare nell’ambiente del processo di cognizione la par condicio creditorum ex art. 2741 attribuisce anche per tale motivo il marchio dell’eccezionalità alle ipotesi di azione diretta;
- a seguito della proposizione della domanda giudiziale si determina a danno di B e C una situazione di indisponibilità molto affine a quella determinata dalla notificazione dell’atto introduttivo dell’espropriazione di crediti di cui all’art. 543.