L’art. 99 (Titolo IV dedicato a diritto di azione) subordina l’esercizio del potere giurisdizionale alla domanda di un soggetto estraneo all’attività giurisdizionale stessa, considerando dal punto di vista della parte lo stesso principio di cui all’art. 112 (corrispondenza tra chiesto e pronunciato), che si pone dal lato del giudice.
La ratio del principio della domanda (nemo iudex sine actore) è da ritrovare nell’esigenza di terzietà ed imparzialità dell’organo giudicante. Secondo Calamandrei una giurisdizione esercitata di ufficio ripugnerebbe al concetto che modernamente ci siamo fatti della funzione del giudice . L’importanza che il principio della domanda assume nel processo è tale che alcuni autori hanno ravvisato in esso addirittura l’essenza della giurisdizione, fermo restando il paradosso dato dal condizionare il concreto esercizio dell’attività giurisdizionale dall’iniziativa di un soggetto estraneo all’attività giurisdizionale stessa .
A prescindere dal carattere fondamentale del principio della domanda, esistono alcune eccezioni, le principali delle quali sono previste in materia di giurisdizione volontaria. Si tratta di eccezioni assolutamente ingiustificate: l’interesse pubblicistico insito in situazioni quali quella del minore (art. 336 co. 3 c.c.), ad esempio, potrebbe essere tutelato più che sufficientemente tramite l’attribuzione del potere di azione al pubblico ministero.