I provvedimenti autorizzatori, chiamati con termini diversi ma sostanzialmente equivalente (es. autorizzazioni, permessi, nullaosta, dispense), sono atti la cui funzione è quella di rimuovere un limite all’esercizio di un diritto: la norma che prevede l’autorizzazione, infatti, richiede una sorta di assenso preventivo di un’amministrazione allo svolgimento di un’attività.

 Il senso dell’istituto risulta maggiormente comprensibile se si considera che l’autorizzazione di per sé è soltanto uno strumento per rendere possibile ad una pubblica amministrazione di prendere conoscenza dei programmi di attività dei cittadini e, eventualmente:

  • di verificare se esistono i presupposti e i requisiti in presenza dei quali la legge dà il diritto al privato di svolgere l’attività programmata;
  • di esercitare poteri conformativi del diritto a svolgere tali attività, assoggettandone lo svolgimento a condizioni o a modalità esecutive;
  • di esercitare poteri sostanzialmente ablatori, vietando lo svolgimento dell’attività programmata.

 Autorizzazioni con funzione di verifica

Il rilascio dell’autorizzazione può essere subordinato esclusivamente alla previa verifica dell’esistenza di presupposti di fatto o di requisiti previsti da leggi o da altri provvedimenti, al cui esito positivo l’emanazione dell’atto autorizzatorio segue necessariamente.

Possono tuttavia darsi due diverse ipotesi:

  • se l’effettuazione di tale verifica costituisce un’operazione conoscitiva a risultato certo (es. rilascio del passaporto a tutti coloro che hanno compiuto dieci anni), l’autorizzazione si innesta su un’attività amministrativa di tipo accertativo, per la quale è implicito un atto dichiarativo. A prescindere dalla certezza dei risultati circa la verifica dei requisiti o delle condizioni predefinite, tuttavia, può darsi che sia previsto un contingimento (numero chiuso) delle autorizzazioni rilasciabili;
  • se l’effettuazione di tale verifica costituisce un’operazione conoscitiva a risultato non certo, l’autorizzazione richiede una verifica preliminare (abilitazione) che può condurre a risultati diversi a seconda di quale delle leggi conoscitive si ritengano applicabili per svolgere le verifiche (es. iscrizione all’albo degli avvocati di coloro che hanno superato l’apposito esame).

In questo caso, quindi, l’autorizzazione serve a consentire una verifica preventiva del possesso, da parte di persone o di strutture organizzative, della idoneità tecnica e di altre determinate caratteristiche qualitative ritenute necessarie per lo svolgimento di una certa attività.

Autorizzazioni con funzioni conformative o ablatorie

Il rilascio dell’autorizzazione può essere subordinato alla fissazione le modalità secondo le quali l’attività debba essere svolta. In occasione del rilascio dell’autorizzazione, quindi, vengono definiti i poteri e le facoltà inerenti al diritto che si vuole esercitare (es. in occasione dell’autorizzazione allo svolgimento di un’attività produttiva che importa rischi di inquinamento ambientale, vengono dettate una serie di prescrizioni circa gli impianti di cui deve essere dotato lo stabilimento).

 Il rilascio dell’autorizzazione può essere subordinato anche alla decisione dell’amministrazione di concedere o meno lo svolgimento dell’attività, previa una valutazione dei diversi interessi in gioco. In tal caso, al diniego di autorizzazione possono riconoscersi effetti ablatori.

 Dichiarazioni dei privati interessati (d.i.a.)

L’imposizione dell’obbligo di ottenere un’autorizzazione per lo svolgimento di certe attività (economiche) è ormai da tempo sottoposta a critiche diverse. Si sono quindi operati interventi legislativi con obiettivi di semplificazione, tra i quali sono di particolare rilievo le previsioni della sostituzione di numerosi provvedimenti autorizzatori con dichiarazioni da parte dei privati interessati dell’inizio dell’attività da essi stessi dichiarate conformi agli eventuali requisiti previsti dalla legge.

 Si tratta principalmente dell’istituto chiamato “dichiarazione di inizio attività” (d.i.a.). La disciplina attuale (art. 19 della LPA) stabilisce che si ricorra alla d.i.a. nei casi in cui il rilascio degli atti dipenda esclusivamente dall’accertamento dei presupposti e dei requisiti previsti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo . L’art. 19, tuttavia, prevede eccezioni alla regola sopracitata con riferimento a categorie di atti in relazione alle quali si può verificare più frequentemente la necessità di operare valutazioni tecnico-discrezionali (es. difesa nazionale, pubblica sicurezza).

In definitiva, quindi, con la d.i.a. si sostituiscono tutta una serie di atti autorizzatori che hanno esclusivamente la funzione di rendere possibile la verifica preventiva che certe attività private non si svolgano in violazione della legge.

 La riduzione delle autorizzazioni preventive e la loro sostituzione, quando sia possibile, con controlli a posteriori, in particolare, è richiesta anche dal diritto comunitario.

 Posizioni giuridiche soggettive connesse alle autorizzazioni

L’interesse ad ottenere un’autorizzazione viene considerato:

  • un interesse legittimo, qualora il rilascio dell’autorizzazione preveda un potere discrezionale da parte dell’amministrazione. Tale interesse, in particolare, viene definito pretensivo, dal momento che per ottenerne la soddisfazione si richiede l’esercizio del potere amministrativo a favore dell’interessato;
  • un diritto, qualora il rilascio dell’autorizzazione non preveda alcun potere discrezionale dell’amministrazione, la quale deve esclusivamente limitarsi a prendere atto dell’esistenza o dell’inesistenza di certe circostanze.

 In relazione alle autorizzazioni amministrative, è assai frequente l’esistenza di interessi di terzi che si contrappongono a quelli dei richiedenti le autorizzazioni. Risulta quindi necessaria una tutela non soltanto dei diretti destinatati degli atti amministrativi, ma anche dei terzi controinteressati

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