All’atto dell’assunzione, il luogo della prestazione lavorativa è precisato nel contratto. Il potere di modificare tale luogo, tuttavia, è sempre stato ritenuto compreso nel potere direttivo datoriale.

L’art. 13 St. lav., invece, sempre novellando l’art. 2103, ha statuito che il lavoratore può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra solo quando siano provate dal datore di lavoro le ragioni tecniche, organizzative e produttive che lo giustificano. La tecnica limitativa del potere è diversa da quella impiegata per lo ius variandi, non essendo basata sul rispetto di un limite rigido come quello dell’equivalenza, bensì su una clausola generale non sempre di facile interpretazione in concreto. Ciò implica un maggiore margine di valutazione per il giudice investito dell’impugnativa di un trasferimento, il quale deve esercitare:

  • un controllo sulla veridicità e attendibilità delle ragioni addotte dall’imprenditore.
  • un controllo sul nesso di causalità fra esse e il trasferimento.

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