Per quanto attiene ai poteri del presidente della Repubblica in sede di autorizzazione alla presentazione del disegno di legge governativo, occorre distinguere le varie ipotesi. Quando l’atto di iniziativa manchi dei requisiti essenziali della sua stessa esistenza o il suo contenuto concreti per il capo dello Stato le fattispecie dell’attentato alla costituzione o dell’alto tradimento, il presidente della Repubblica può rifiutarsi in modo definitivo di concedere l’autorizzazione.

Quando quest’ultimo non condivide, il contenuto dell’atto di iniziativa per valutazioni di merito, può soltanto invitare il governo ad un riesame dell’atto, salvo dover concedere l’autorizzazione al governo, che mediante una nuova delibera del consiglio dei ministri, insista sul mantenimento del testo originario.

 Quando il dissenso del capo dello Stato si basa su motivazioni di illegittimità costituzionale è controverso se egli debba limitarsi, come nell’ultimo caso, ad una richiesta di riesame del testo da parte del governo, o se possa, come nei primi 2 casi illustrati, giungere ad un rifiuto assoluto dell’autorizzazione. La prima soluzione sembra preferibile, perché il presidente della Repubblica ha pur sempre un’ulteriore possibilità di intervento in sede di promulgazione della legge.

 Questo potere governativo incontra dei limiti peculiari dipendenti dalle possibili situazioni nelle quali può trovarsi il governo nei confronti del Parlamento:

  • Può esservi una mancanza di fiducia parlamentare nel caso di governo dimissionario,
  • oppure il mancato perfezionamento dell’acquisizione della stessa, governo in attesa della fiducia.

 In ordine al primo punto, se normalmente gli atti di iniziativa del governo sono il frutto di scelte politiche, non mancano casi nei quali l’atto di iniziativa, più o meno politicamente neutro, è un atto dovuto: come nel caso di disegni di legge di conversione del decreto-legge e disegni di legge di approvazione del bilancio dello Stato.

In ordine al secondo punto, mentre nel caso del governo dimissionario è ragionevole pensare che esso non gode più della fiducia delle camere, nel caso del governo in attesa della fiducia la certezza riguarda soltanto la circostanza che il governo non ha ancora la fiducia, senza che ciò escluda la possibilità di ottenerla. Gli atti di iniziativa cosiddetti dovuti devono ritenersi comunque ammissibili; tutti gli altri atti di iniziativa devono ritenersi preclusi al governo dimissionario in quanto quest’ultimo ha rinunciato all’attuazione del programma politico, che invece sono consentiti al governo in attesa della fiducia. 

  • L’iniziativa parlamentare secondo l’articolo 71, appartiene a “ciascun membro delle camere”. Il potere è oggi attribuito al singolo parlamentare o a gruppi di parlamentari.

L’iniziativa dei parlamentari non consente la scelta del ramo del Parlamento al quale presentare una proposta di legge: i deputati possono presentare proposte di legge soltanto alla Camera, mentre i Senatori possono presentare proposte di legge soltanto al Senato. Questa è oramai una norma consuetudinaria.

 Per quanto riguarda l’istituto della “presa in considerazione”, quest’ultimo era di epoca statuaria venne recepito in epoca repubblicana, all’interno del regolamento della Camera che ne aveva limitato di efficacia sulle proposte di legge di iniziativa parlamentare, comportanti un onere finanziario. I dubbi sulla sua costituzionalità però ha portato all’abrogazione delle citate disposizioni.

 Le proposte di legge d’iniziativa parlamentare sono sempre più numerose o molto bassa è la loro percentuale di approvazione. Perché non hanno in partenza il sostegno come accade per il governo, di una maggioranza parlamentare precostituita. Talvolta le proposte di iniziativa parlamentare, tendono a tutelare interessi particolari, circoscritti all’area geografica dove il parlamentare è stato eletto; tendono a stimolare le decisioni della maggioranza che può contrapporsi ad esse. 

  • L’iniziativa della CNEL è disciplinato dall’articolo 99, comma 3, secondo cui la legge fissa i limiti e i principi entro il quale il potere può essere esercitato. La legge del 30 dicembre del 1986, n.936, prevede, tuttavia il potere di iniziativa legislativa del CNEL senza avvalersi della facoltà di cui sopra. Si deve pertanto ritenere che iniziativa del Cnel sia oggi l’iniziativa del tutto libera 
  • L’iniziativa popolare è disciplinato in primo luogo dall’articolo 71 comma 2 della costituzione, secondo il quale il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno 500.000 elettori, di un progetto redatto in articoli.

 L’art. 49, della legge del 25 maggio 1970 n. 352 prevede l’obbligo della redazione in articoli del progetto di iniziativa popolare, l’obbligo per i proponenti di allegare al testo una relazione che ne illustri la finalità e le norme; e l’art. 48 stabilisce che il progetto corredato dalla firme degli elettori proponenti, sia presentato al presidente di una delle due camere, e alla Camera adita spetti il compito di provvedere alla verifica e al computo delle firme dei richiedenti al fine di accertare la regolarità della richiesta.

 Quanto ai limiti sono rinvenibili in riferimento a quelli del referendum abrogativo articolo 75, o individuati come riferimento alle leggi meramente formali e alle leggi di autorizzazione. Il potere di iniziativa legislativa spettante al popolo consiste concretamente nella possibilità di attivare un procedimento da cui eventuale conclusione dipende esclusivamente dalle camere. Ne consegue la legittimità di qualsiasi intervento da parte dell’iniziativa popolare, con l’unica eccezione dei casi di iniziativa riservata.

 Quanto all’obbligo, che graverebbe sulla Camera adita, di deliberare sul progetto di iniziativa popolare, si concretizza non nell’obbligo di deliberare, ma più limitatamente in quello di dare inizio al procedimento legislativo.

 Sul piano operativo si può osservare che il ricorso all’iniziativa popolare avviene di solito ad opera di partiti e movimenti che non sono rappresentati in Parlamento, o come strumento sostitutivo dell’iniziativa parlamentare. In questo secondo caso si ritiene che iniziativa popolare in quanto sottoscritta da almeno 500.000 elettori, abbia una valenza politica, di freno o di stimolo, nei confronti della maggioranza del governo, superiore a quella che potrebbe avere una corrispondente iniziativa parlamentare.

 Infine per i progetti di legge di iniziativa popolare non vale il principio della decadenza al termine della legislatura, degli atti di iniziativa legislativa che non siano state ancora approvati definitivamente dalle due camere. Il regolamento della Camera stabilisce infatti che non è necessaria  la loro rappresentazione. La ratio di tale norma risiede soltanto nella difficoltà materiale di accogliere nuovamente 500.000 firme necessarie alla ripresentazione nella nuova legislatura del progetto di iniziativa popolare difficoltà che non sussiste per altri atti di iniziativa

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