Dal momento che coscienza laica e coscienza religiosa rappresentano un approdo del percorso formativo della persona, un’effettiva tutela della libertà di coscienza richiederebbe che tale percorso fosse esso stesso protetto da qualsiasi tentativo di eterodirezione. Un’esigenza di questo tipo sembra presente nell’ordinamento internazionale, che impone allo Stato un dovere di neutralità rispetto alla formazione delle coscienze individuali. Sembra tuttavia complicato che tale diritto possa avere una tutela autonoma nel quadro di una società complessa, in cui continuamente irrompono nuovi diritti. Al fine di una libera formazione delle coscienze, quindi, risulta importante che lo Stato garantisca ai propri cittadini, secondo un contegno perennemente neutro:

  • il diritto allo studio, in quanto l’apprendimento rappresenta una condizione imprescindibile per l’acquisizione di una libera coscienza in materia religiosa;
  • il diritto all’informazione, trattandosi di garantire non solo la libertà ad essere informato, ma soprattutto la qualità dell’informazione.

Sotto entrambi i profili, comunque, quello che occorre non è uno Stato astensionista, quanto piuttosto uno Stato la cui neutralità si esaurisce nella mancanza di un orientamento ideologico che sia sentito come doverosità di trasmettere un messaggio etico. Questo tipo di neutralità, peraltro, non è che l’altro versante della tutela di un sistema pluralista.

 Nel nostro ordinamento, tuttavia, il favor libertatis ancora non prevale sul favor religionis: lo Stato continua a misurare la propria collaborazione con le confessioni secondo la diversa importanza e rilevanza sociale che ciascun gruppo abbia ai suoi occhi, procedendo ad una classificazione

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