Lo strumento delle intese si presenta come il più funzionale alla tutela della specifica identità di ciascuna confessione, dal momento che, coinvolgendo nella formazione della regola gli stessi destinatari, si può meglio adeguare la disciplina dell’esercizio del diritto di libertà religiosa alle diverse realtà confessionali. Il processo di attuazione costituzionale, tuttavia, ha snaturato il ricorso alle intese, trasformandolo in una ricorsa al privilegio: ciascuna confessione, infatti, ha cercato di ottenere tramite accordi quanto aveva ottenuto la Chiesa cattolica o quanto ad altre confessioni era stato riconosciuto in precedenti intese. L’esistenza di un’intesa, in alcuni casi, è stata assunta a criterio determinante nel trattamento delle confessioni religiose, attribuendo solo a quelle che hanno stipulato un’intesa con lo Stato determinate situazioni di privilegio. In proposito si deve considerare che il fatto di rimanere nella categoria di confessioni prive di intesa può essere la conseguenza:
- di una scelta della confessione, che ritenga non possibile stipulare un’intesa con lo Stato. In questo si ha una scelta di libertà, costituzionalmente tutelata ex art. 8, che non può convertirsi in una condizione di minorità per la confessione stessa;
- di una scelta dello Stato, che ritenga di non dover rispondere positivamente ad una richiesta di intesa avanzata da una confessione. In questo caso lo Stato rischia di utilizzare lo strumento dell’intesa per selezionare le confessioni rendendone sostanzialmente diseguale la misura della libertà.
Questa situazione necessita che si approvi prima possibile una legge generale sulla libertà religiosa, che disciplini le procedure per il riconoscimento delle confessioni religiose e che stabilisca i presupposti e le procedure per l’avvio delle trattative diretta alla conclusione di un’intesa ex art. 8 co. 3, sottraendo allo Stato ogni discrezionalità nella selezione delle confessioni per l’accesso allo strumento dell’intesa