Il matrimonio è un negozio a forma vincolante, quindi l’inosservanza della forma di celebrazione comporta l’invalidità del matrimonio. Ovviamente si tratta della forma giuridica o canonica che si distingue dalla forma liturgica, la quale non è un requisito di validità del matrimonio. L’obbligo di scambiare il consenso matrimoniale in una forma giuridica predeterminata ad valitatem è stato introdotto dal Concilio di Trento, con il decreto Tametsi del 1563.
Prima del Concilio bastava lo scambio di consensi e non era obbligatoria la pubblicità quindi era nato il problema dei matrimoni clandestini, cioè quei matrimoni celebrati al di fuori di qualunque forma solenne e pubblica. Questi matrimoni portavano delle conseguenze negative sul piano morale e sociale anche perché risultavano di difficile o impossibile prova, lasciando incerto lo stato giuridico delle persone coinvolte nel rapporto. In particolare era difficile l’accertamento della effettiva volontà delle parti: il matrimonio, con la nascita di una legittima convivenza, l’acquisto dello status giuridico di coniugi e la legittimità dei figli eventualmente generati; o solo una promessa di matrimonio, con conseguente illegittimità di convivenza e della prole e non acquisto dello stato coniugale.
Con il decreto Valenzi fu stabilito che i matrimoni celebrati fino a quel momento erano considerati validi anche se celebrati in altre forme, mentre da quel momento in poi i matrimoni per essere validi dovevano essere celebrati con la forma stabilita dalla Chiesa. L’entrata in vigore di questo decreto era prevista entro trenta giorni ma non fu subito pubblicato in tutte le diocesi quindi troviamo una situazione di incertezza poiché i luoghi tridentini avevano ricevuto il decreto e gli altri invece no. Dal 1907 invece questo decreto venne esteso a tutta la Chiesa.
Sono obbligati alle disposizioni canoniche tutti i battezzati nella Chiesa cattolica (can. 1117). La forma ordinaria (can. 1108) consiste nello scambio del consenso tra gli sposi alla presenza di un testimone qualificato (testis qualificatus), l’Ordinario del luogo o il parroco (o un sacerdote o un diacono se delegati), e di almeno due testimoni comuni (testes communes). Il ministro sacro assiste alla celebrazione, in quanto chiede la manifestazione del consenso e la riceve in nome della Chiesa, ma non amministra il sacramento perché a farlo sono gli stessi sposi.
Lo scambio del consenso deve avvenire con parole alla contemporanea presenza degli sposi, sia di persona che tramite procuratore (can. 1104). Prima della celebrazione sono effettuate le pubblicazioni, con cui si accerta che nulla impedisca che il matrimonio sia contratto lecitamente e validamente (cann. 1066 – 1067). Le pubblicazioni sono sostituibili con altri mezzi di accertamento.
Vi sono anche forme straordinarie di celebrazione:
- lo scambio del consenso davanti ai soli testimoni comuni (coram solis testibus) senza la presenza del ministro sacro (can. 1116) in caso di pericolo di morte di uno o di entrambi gli sposi e non è possibile avere la presenza di un ministro di culto entro un mese; questo caso ricorre in particolare nei territori di missione
- il matrimonio segreto (omissis denunciationibus et secreto) (cann. 1130 – 1133), al quale si ricorre per ragioni pastorali, cioè per togliere da una situazione di peccato, ad esempio, due concubini o due persone conviventi da anni e che tutti ritengono sposati; infatti la pubblica celebrazione potrebbe suscitare disappunto o addirittura scandalo, di qui la segretezza della celebrazione alla presenza del ministro sacro e dei due testimoni ma senza le previe pubblicazioni e con il vincolo di segretezza per coloro che intervengono; il matrimonio così celebrato non viene annotato nel registro parrocchiale dei matrimoni ma in uno speciale registro conservato presso la curia della diocesi
- matrimoni misti tra un battezzato e un non battezzato (cann. 1124 ss), in questo caso l’autorità ecclesiastica può persino dispensare dall’obbligo della forma canonica purché rimanga la necessità della celebrazione del matrimonio in una qualche forma pubblica (can. 1127) e il consenso venga espresso contemporaneamente; questa potrebbe essere la forma del matrimonio civile che in tal caso sarebbe matrimonio canonico.